‘In fuga dal glutine’
COME FRONTEGGIARE LA CELIACHIA
La celiachia (o malattia celiaca) si è diffusa a macchia d’ olio dall’ inizio del nuovo millennio, arrivando a rappresentare una delle intolleranze più diffuse in Italia. Oltre al malessere fisico, porta come conseguenza anche un disagio dal punto di vista sociale: nel paese natale della pasta, molti piatti sono off limits e questo comporta a volte l’ impossibilità di godersi un pasto comune. Certamente si tratta di un disturbo oramai ben conosciuto, ma un lavoro per rassicurare chi ne soffre e sensibilizzare coloro che lo circondano è ancora necessario, specialmente nei gruppi più eterogenei e meno consapevoli, come gli alunni delle scuole. L’AIC (Associazione Italiana Celiachia) ha avviato dei progetti proprio per progredire in questa direzione.
Sono talmente tanti, ad oggi, i celiaci in Italia, che dal 2016, questa patologia di irritazione dell’ intestino tenue, che comporta il deperimento dei villi intestinali, ha visto sostituire la sua definizione di “rara” con “cronica”. Con “tanti” si intende che circa una persona su 100 lo è- anche se nel nostro paese pare esistano mezzo milione di casi ignari e che, come di un iceberg, si veda solo una punta del problema- e questo significa che è molto probabile che in una classe ce ne sia uno (o una).
Ho incontrato Patrizia Anselmi, una volontaria piacentina dell’ AIC, in occasione della presentazione dei progetti dell’ associazione alle insegnanti di una scuola primaria della provincia della cittadina emiliana, in cui ha spiegato per quale motivo è così fondamentale prendere coscienza di ciò che la malattia comporta sia da parte degli insegnanti, che da parte degli alunni.
Patrizia ha chiarito come non esistano né medicine né terapie per curare o fronteggiare i sintomi del malato celiaco; l’ unica cosa che si può fare per stare bene, o se non altro meglio, è seguire una dieta adeguata. Questo non significa soltanto selezionare il cibo da mangiare, ma anche evitare accuratamente le contaminazioni, ovvero il contatto tra una pietanza gluten-free (senza glutine), con quelli che lo contengono. “E’ importante diffondere questo messaggio, perché le conseguenze di una trascuratezza del problema sono gravi: malassorbimento, problemi di digestione e addirittura il linfoma intestinale”, spiega Patrizia.
Ma come intende muoversi l’ AIC per trasmettere tutto questo a bambini, spesso anche piccolissimi? Innanzitutto perseguendo i suoi tre obbiettivi generali/ parole chiave: conoscenza, consapevolezza e condivisione. Queste trovano un applicazione pratica in progetti come In fuga dal glutine.
Questa idea “vuole offrire agli insegnanti, delle scuole per l’infanzia e della primaria, uno strumento che permetta loro di trasmettere agli alunni concetti nuovi, ma quanto mai attuali: non solo cosa sia la celiachia, ma in senso più ampio, l’educazione alla diversità (alimentare, culturale ecc), intesa come risorsa e ricchezza; attraverso una metodologia ludica che facilita l’integrazione e l’apprendimento.”, si legge sul sito dell’ associazione. Un nobile intento che l’ AIC persegue dal gennaio 2005, quando aveva avviato il progetto in Calabria, Liguria, Puglia, Toscana, Trentino, Umbria, per le classi 4° e 5° delle scuole elementari, realizzandolo grazie ai fondi raccolti dal 5×1000.
Ad oggi, In fuga dal glutine, è attivo in tutta la penisola a cura delle AIC territoriali ed è esteso a tutte le fasce d’ età della primaria, ma anche della scuola dell’ infanzia. Le sue iniziative prevedono: una sorta di ‘gioco dell’ oca’ informativo, due quaderni operativi chiamati Io mangio, tu mangi e Tutti a tavola ed un libretto di storie con DVD e CD, ma soprattutto l’ idea del pranzo comune, con menù naturalmente gluten-free per tutti alla mensa. I primi, come spiega Patrizia, potrebbero costituire il materiale per delle attività continuative da svolgere durante i laboratori pomeridiani, presenti ormai nell’ offerta formativa di tutte le scuole, in cui si svolgono attività parallele a quelle didattiche tradizionali, tanto per rinforzare conoscenze o abilità, quanto per approfondire in maniera interattiva temi d’ interesse.
Ma trovare un’ applicazione pratica, che faccia sentire coinvolti gli alunni è fondamentale, ecco che entra in gioco l’ idea del pasto condiviso, che ha un altro valore aggiunto: quello di far capire che mangiare senza glutine non è necessariamente una forzatura, o una lotta alla ricerca di escamotage come l’ acquisto di pasta/pane/cereali/farine con il cerchio con la spiga barrata (simbolo del ‘senza glutine’) disegnato sulla confezione, ma può essere fatto anche utilizzando alimenti ordinari. Esistono infatti cibi, comuni e tipici dell’ alimentazione quotidiana di tutte le regioni d’ Italia, che sono naturalmente senza glutine, come il riso, la carne, il pesce, i legumi, la frutta e la verdura. Per questo l’ integrazione dei pranzi nel programma di In fuga dal glutine, nient’ altro prevede che la programmazione di un menù alla mensa che vada per tutti, a cadenza mensile. “Non è necessario che sia un appuntamento fisso- aggiunge Patrizia- può anche capitare una o due volte l’ anno, magari in concomitanza con qualche festa d’ istituto o in occasione della ‘Settimana Nazionale della Celiachia’(che è giunta nel 2017 alla sua terza edizione e consiste in una settimana in cui l’ AIC intensifica il suo operato di sensibilizzazione)”.
Insomma si tratta di una proposta sostenibile, con un po’ di progettazione da parte dei docenti, che sta trovando risposte molto positive nei vari istituti e che sta prendendo il via con la speranza di informare, coinvolgere ed insieme far passare il messaggio, sempre più necessario, che la diversità non è un limite, in nessuna forma.
di Letizia Bonvini
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