19 luglio 1992: quando un compleanno diventa una ricorrenza nazionale

LA STRAGE DI VIA D'AMELIO VISSUTA DALLA MIA FAMIGLIA NEL GIORNO DEL MIO SECONDO COMPLEANNO

Palermo. 19 luglio 1992. Strage di via D’Amelio. Perdono la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a fare parte di una scorta e prima donna della Polizia di Stato a morire in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Non ricordo molto di quel giorno. Anzi, non ricordo proprio nulla dato che compivo due anni.
So che era una domenica e che i miei genitori avevano organizzato una festa con i parenti più stretti. Da una foto che ho visto, so che ero vestita come una bambola di porcellana. Mia madre mi ha sempre detto che in quegli anni la mafia “teneva banco” e ammazzava chiunque si ponesse come ostacolo sul loro percorso criminale.

Il 19 luglio 1992 faceva molto caldo. Il rinfresco era pronto, la torta era nel frigo per evitare che si sciogliesse. Io dormivo beatamente al fresco di una stanza.

In un attimo tutto è cambiato. L’umore delle persone presenti, le loro sensazioni, i loro pensieri sull’Italia degli anni ’90. Forse anche il sole aveva ceduto il posto alle nuvole. Dai racconti di quel giorno, fatti dai miei genitori, so che mio zio è uscito in giardino dove stavamo festeggiando. Era pallido e aveva gli occhi lucidi, «Lo hanno ammazzato. Il giudice, Borsellino. Come Falcone. Lo hanno ammazzato».

Di corsa siamo rientrati in casa, io in braccio a mio padre. La piccola televisione era accesa, volume alto e silenzio tutt’intorno. Un TG in edizione speciale ne stava dando notizia.

Da quel giorno, ogni 19 luglio, ogni mio compleanno, è sempre stato accompagnato dal ricordo di Paolo Borsellino. Fin da quando ero bambina. Il mio pensiero è sempre andato a quel magistrato coraggioso, che ha perso la vita perché faceva bene, troppo bene, il proprio lavoro. Quel giorno io crescevo di un anno e lui veniva ucciso. I compleanni a venire, la mia età aumentava e la sua rimaneva sempre la stessa.

Anche adesso, che di anni ne ho compiuti ventotto, condividere il mio compleanno con le manifestazioni per ricordare questo uomo straordinario, continua ad essere per me un onore. Gli insegnamenti lasciati da Falcone e Borsellino sono un pilastro per la democrazia del nostro Paese e per la libertà di ognuno di noi.

Ma l’insegnamento più grande, o forse il consiglio, lasciatoci, che ha guidato anche il mio percorso universitario, è sicuramente: «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene».

di Fabiola Stevani

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