“Non siamo il bancomat dello Stato”: sindaci contro il bando migranti
SETTE SINDACI DEL PARMENSE PROTESTANO SUL BANDO CHE VEDREBBE 300 MIGRANTI IN PIU' SUI LORO TERRITORI. IL PREFETTO MODIFICHERA' I PARAMETRI
Sono sette i Sindaci del parmense che hanno firmato e mandato al Prefetto di Parma, Giuseppe Forlani, una lettera, protestando in merito alla questione bando accoglienza per 300 migranti sul territori parmigiano e provincia. Ad aver firmato la missiva sono stati: Federico Pizzarotti, sindaco di Parma; Paolo Bianchi, di Collecchio; Giordano Bricoli, di Langhirano; Riccardo Ghidini, di Medesano; Luigi Buriola, di Montechiarugolo; Fabio Fecci, di Noceto; Andrea Massari, di Fidenza e Filippo Fritelli, di Salsomaggiore. Non può sfuggire che sei dei sindaci sopra citati (fatta eccezione per Fecci) sono politicamente affini alla sinistra o del Pd, ma nonostante ciò hanno richiesto l’intervento del ministro Salvini per fermare l’arrivo di migranti sul loro territorio. Cosa succede? I sindaci protestano per sopperire alla mancanza di un ente, lo SPRAR, di cui ci occuperemo più avanti, eliminato proprio dal Ministro dell’Interno con il suo controverso Decreto Sicurezza. Come fare allora a gestire sempre più persone quando lo Stato elimina progressivamente i mezzi per farlo?
L’APPELLO DEI SINDACI- La lettera espone il disappunto e la preoccupazione dei sindaci per quanto riguarda l’arrivo sul territorio di altre 300 persone, che andrebbero a sommarsi alle circa 1.000 già presenti nelle varie strutture diffuse in provincia. La lettera mostra l’apprensione dei primi cittadini in particolare sul destino dei migranti e la sicurezza dei cittadini. Con la riduzione dei ben noti 35 euro per ogni migrante “chi incassa parecchi quattrini dallo Stato per gestire queste persone- recita la lettera – spesso le lascia alla mercé della strada, contribuendo ad alimentare il malessere dei cittadini che vedono i luoghi dello spaccio in funzione, che vedono le campane degli abiti usati letteralmente sottosopra, che vedono persone vagare nei centri storici senza una meta o un’attività da fare se non quella dell’accattonaggio”.
Proprio sul tema integrazione e sicurezza si è espresso il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che racconta come l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) stimi che, con il decreto sicurezza, aumenteranno le persone irregolari sul territorio e in tutte le città italiane. “Non è un caso – sostiene il primo cittadino di Parma -se i primi a criticare il decreto sicurezza sono stati proprio i sindaci. Ciò è dovuto al fatto che siamo i primi a fronteggiare la questione della sicurezza e del controllo del territorio“. Secondo Pizzarotti, infatti, un aumento delle persone irregolari rischia di “innalzare le situazioni di emergenza” perché, continua, “più irregolari vuol dire che meno persone potranno accedere ai servizi che la città offre, come gli alloggi e le offerte di lavoro”. Il sindaco Pizzarotti e gli altri, ad accezione di Fecci di Noceto, hanno da sempre posizioni affini al PD e alla sinistra, ma si sono appellati comunque al ministro Matteo Salvini, di cui tanto criticano le scelte politiche. Perchè? La risposta arriva da Luigi Buriola, sindaco di Montechiarugolo, che si appella alla carica istituzionale che Salvini ricopre, affermando di non farne una questione politica in quanto “Salvini ha un ruolo e, quando c’è bisogno, ci si deve rivolgere a lui in quanto Ministro dell’Interno”.
IL PREFETTO CERCA DI PORRE RIMEDIO– Dato il disappunto mostrato dai sindaci della zona, il Prefetto Forlani ha dato disponibilità per un incontro con i primi cittadini dei comuni interessati, in cui sono stati discussi vari passaggi della lettera e mostrate le principali criticità del progetto di accoglienza. Il sindaco Pizzarotti sostiene che, da parte del Prefetto, “c’è stata comprensione e collaborazione, e di questo lo ringraziamo”. Il sindaco, inoltre, si ritiene convinto che la lettera sia servita per sensibilizzare l’opinione pubblica e il prefetto stesso, sottolineando come i firmatari della suddetta non richiedano un passo indietro sui temi dell’inclusione, ma “un passo avanti da parte di tutte le istituzioni coinvolte”. Diversa è stata la reazione di Fritelli, sindaco di Salsomaggiore, che ha preferito non rispondere alle nostre domande, limitandosi a precisare come la situazione nel suo comune sia tutt’ora gestibile e sotto controllo.
Il Prefetto Forlani, dal canto suo, risponde ai sindaci che l’assegnazione di tali migranti è sempre stata e continua ad essere effettuata su base proporzionale, in relazione ai progetti SPRAR attivi sul territorio. Forlani parla proprio di un’accoglienza diffusa dei migranti, a cui il sindaco di Parma risponde prontamente che “non possiamo trovarci sempre in una situazione di emergenza”. Il sindaco si appella a tutte le istituzioni che, a suo avviso, “devono fare la propria parte affinché l’integrazione non sia percepita come un problema”.
“I CAS SONO UN BANCOMAT DI STATO”– Andrea Massari, sindaco di Fidenza, pone l’attenzione sull’aspetto monetario della faccenda. “E’ un meccanismo puramente economico per gestire il tema dell’accoglienza dei profughi o dei richiedenti asilo”, spiega Massari rimpiangendo gli SPRAR, ad oggi sostituiti dai CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), che definisce “un meccanismo per cui un imprenditore decide di investire in un’iniziativa imprenditoriale che si chiama ‘accoglienza dei profughi’“.
Il bando può essere fermato? Non proprio, ma il sindaco Massari, Fritelli e Buriola concordano con il sindaco Pizzarotti nel dire che “si chieda allo Stato una maggiore redistribuzione dei richiedenti asilo” perché “non possono essere solo pochi sindaci a farsi carico della situazione”.
Nell’incontro della scorsa settimana il prefetto Forlani sembrerebbe aver ceduto alle richieste, tanto che nei prossimi giorni è attesa la pubblicazione di un nuovo bando che, come conferma Buriola “prevederà la modifica dei parametri di accoglienza non più ai soli comuni oltre i 10 mila abitanti” ma, appunto, conterà una più diffusa distribuzione dei migranti sul territorio. Il sindaco di Montechiarugolo, pur non avendo partecipato personalmente all’incontro con il Prefetto, si dice allineato alle posizioni dei suoi colleghi per quanto concerne la preoccupazione sulla distribuzione dei migranti e il mancato preavviso dell’arrivo ai primi cittadini. Della mancata inclusione dei sindaci nelle decisioni si lamenta anche Massari, dichiarando che “i Comuni sono gli ultimi a sapere come viene gestita sul territorio questa operazione”. La paura di molti sindaci è che, con sempre più persone da dover gestire e sempre meno risorse per poterlo fare, la situazione diventi incontrollabile. Come già avviene in alcuni comuni del parmense dove, ci racconta Massari, che numerosi migranti accolti nelle strutture di Salsomaggiore e nelle sue frazioni passano le loro giornate a vagabondare per le strade di Fidenza, in disaccordo con la situazione di tranquillità descritta dal collega Fritelli, ma che si prospetta essere una conseguenza purtroppo estremamente reale, nel caso in cui il problema della ridistribuzione omogenea sul territorio non venisse risolto al più presto.
“O TAGLIAMO I SERVIZI O CI ARRANGIAMO”- Non sono solo i sindaci a lamentarsi degli effetti del decreto sicurezza, ma anche le Ong e le cooperative che si occupano direttamente di accoglienza dei richiedenti asilo sul territorio. “I problemi sono principalmente due: il calo dei fondi dedicati all’accoglienza e il fatto che i richiedenti asilo non verranno più considerati persone ma solo merce da smistare. Questo decreto decurta i famosi 35 € a soli 18€ e dunque, probabilmente, saranno tagliati molti dei servizi inerenti all’integrazione – spiega Marion Gajda di G.U.S. Parma, Ong che si occupa da oltre venti anni di accoglienza, cooperazione internazionale e aiuti umanitari – noi attualmente facciamo formazione professionale, corsi di lingua italiana, sostegno psicologico e diverse attività di integrazione e inserimento nel mondo del lavoro. Mentre adesso, col nuovo bando, vengono ridotti i fondi e non è più espressamente richiesta nessuna attività di questo tipo. Le associazioni come la nostra sono dunque poste a una scelta: o decidono di tagliare i servizi, oppure provano ad arrangiarsi con pochissimi fondi”.
LE DIFFICOLTA’ DEL TERRITORIO- Le problematiche che potrebbero sorgere successivamente a questo ‘taglio alle spese’ sono molteplici e in alcuni casi potrebbero essere controproducenti agli effetti che si volevano ottenere. Il rischio principale di questa politica sarebbe quello di rendere l’integrazione degli stranieri più difficile e complicata, aumentando ancora di più la distanza sociale tra italiano e migrante. Questo, in aggiunta all’eliminazione dei sistemi di accoglienza più ‘completi’, potrebbe portare più degrado nel territorio, proprio quel degrado che il decreto sicurezza verrebbe combattere. A sostenerlo le diverse associazioni e Ong. D’altra parte come potrebbe integrarsi una persona senza conoscere l’italiano, senza aver avuto tempo di prendere coscienza del funzionamento della nostra società e senza avere competenze professionali adeguate? “I timori dei primi cittadini sono dunque più che condivisibili, – commenta Emilio Rossi di Ciac, Onlus che opera nell’ambito dell’accoglienza e della cooperazione – è normale che ci sia la paura del ritorno alle grandi concentrazioni alberghiere come negli anni 2013-2014, durante la fase più grossa dell’emergenza migranti. Mentre il territorio di Parma, da diverso tempo, gestisce egregiamente l’accoglienza in modo diffuso, principalmente e preferibilmente con gli Sprar – continua Rossi – il sistema Sprar è gestito dai comuni in collaborazione con le associazioni di tutela, è il sistema ‘principe’ dell’accoglienza, ammirato da tutta Europa, perché è organizzato in modo da offrire ogni tipo di servizio per portare il migrante alla piena autonomia e integrazione nella società”. A questo modello si oppone il sistema Cas, solitamente gestito da privati, che ha il solo scopo di fornire vitto e alloggio, senza l’obbligo di offrire servizi ulteriori.
CHE FINE FARA’ LO SPRAR?- “Il decreto sicurezza smantella lo Sprar – conclude Rossi – rendendo molto più difficile per i migranti la possibilità di accedervi; ad esempio in uno dei due Sprar che gestiamo si passerà probabilmente da 150 a 20 posti“.
Ricapitolando, d’ora in poi, nello Sprar potranno essere accolti solamente i meritevoli di protezione internazionale, che sono solo una piccola parte dei migranti in arrivo o già sul territorio, mentre non saranno più ospitati i richiedenti asilo e i meritevoli di tutela umanitaria. Quest’ultima tutela viene proprio del tutto eliminata dal decreto sicurezza, anche se veniva utilizzata per permettere di prendersi cura di persone vulnerabili, come madri con bambini, oppure persone che avevano subito violenze, anche se non meritevoli di tutela internazionale secondo la convenzione di Ginevra. E quindi è lecito chiedersi: che fine potrebbero fare tutte queste persone a cui verrà negata l’accoglienza? C’è un’alta probabilità che possano essere lasciati a sé stessi, a vagabondare, a dormire per strada chiedendo l’elemosina e nei casi più gravi finire ad ingrossare le file della micro-criminalità. E’ quello che sostegono i primi cittadini formatari della lettera, ma non solo.
Chiediamoci per quale motivo il modello Sprar e in generale i servizi di integrazione dello straniero siano stati così osteggiati da questo Governo: probabilmente c’è stata da una parte la volontà economica di risparmiare su questo settore da molti considerato marginale, dando chiaro segnale ai cittadini che ‘non si spendono più soldi per i migranti, perché ci sono già tanti italiani poveri’ e infine la necessità di provare a risolvere il problema sicurezza. Riguardo a questo Marion Gajda ritiene che “il limite grosso della Lega è che loro vedono il problema migrazione solamente in ottica sicurezza, non riescono a vederla anche come una possibilità. E pensare che pochi giorni fa sono usciti i dati demografici del Comune di Parma, che certificano che la popolazione della città è in aumento, dopo molti anni, anche grazie ai cittadini stranieri presenti sul territorio. Diversamente la popolazione starebbe irrimediabilmente invecchiando”.
Secondo i primi cittadini e le associazioni del territorio, quindi, questa situazione potrebbe esporre il territorio al rischio di un passaggio progressivo al privato, che potrebbe dar luogo a casi di lucro o di mala gestione. Sarebbe invece necessario un riavvicinamento fra i vari soggetti che si occupano di accoglienza. Prima di tutto tra le istituzioni, fra i quali il Prefetto e i Sindaci, che per adesso hanno dato risposte incoraggianti riguardo al mantenimento di un sistema diffuso sul territorio, ma potrebbe non bastare.
Leggi: Decreto Sicurezza: se l’emergenza è umanitaria non funzionerà
di Eleonora Di Vincenzo e Davide Sereni
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