Parma 2020 raccoglie l’eredità di Palermo: due città, una sola scommessa
UN’OCCASIONE PER CAMBIARE VOLTO ALLA CITTA'. LA LEZIONE DI PALERMO 2018 RACCONTATA DAI SUOI PROTAGONISTI A PARMA
“La città è riuscita a convivere con l’emergenza immigrazione ribaltandola in opportunità e diritto alla cittadinanza con la Carta di Palermo pensata e voluta dal sindaco Leoluca Orlando. Palermo è quindi diventata protagonista di un processo innovativo e sperimentale che probabilmente verrà preso come esempio da seguire” (corriere.it).
Ci aveva visto giusto Alessandra Borghese, giornalista romana di origini siciliane, che a fine 2018, anno in cui Palermo ha vestito il titolo di Capitale della cultura, diffondeva il suo documentario “Futuru” (realizzato insieme ai due registi e sceneggiatori Alessandro Albanese e Carlo Loforti, fondatori della Video Company Just Maria), per raccontare il nuovo volto di una città che da capitale della mafia ha raccolto la sfida di diventare centro nevralgico di cultura.
A un anno di distanza, alcuni protagonisti di quell’avventura non ancora finita, sono a Parma, per passare il testimone alla città che si appresta a convalidare il biglietto per vivere lo stesso ciclo di intensificazione e diffusione culturale. In che modo Parma2020 raccoglierà l’eredità del capoluogo siciliano? Delle possibili prospettive se ne è discusso durante il talk di IQOS Art Talk, il format di eventi di approfondimento culturale promosso da Philip Morris, che venerdì 8 novembre presso la Casa della Musica di Parma, ha dedicato un incontro alle Capitali della cultura dal titolo: “Da Palermo a Parma, quale eredità e quali aspettative per una capitale della cultura?”
PALERMO E IL CORTOCIRCUITO PERFETTO TRA CITTA’ E CULTURA – Michele Guerra, assessore alla cultura parmigiano e promotore di Parma 2020, commenta il documentario sulla trasformazione culturale di Palermo: “Diverse sono le suggestioni che questo film ha suscitato, a cominciare dalla convivenza tra ottimismo e dubbio rispetto a questa avventura. L’ottimismo non ti abbandona mai, altrimenti smetteresti immediatamente di fare questo lavoro perché la paura è forte. Di fianco abbiamo sempre il dubbio che le cose che fai siano quelle giuste e che la città ti stia vicino, ma anche il dubbio serve, e deve rimanere per fare meglio”.
Chi sono i parmigiani? Come sono cambiati nel tempo? Conosco la città e ne conosco la modernità e il pluriculturalismo? Queste domande si possono racchiudere nell’idea di tornare al grado zero, andando a cercare dentro le viscere del territorio, dove l’azione culturale e lo sguardo della politica spesso non arrivano. Eppure questo ‘basso’ sa incontrarsi con la cultura, funzionando insieme come in un cortocircuito perfetto che lo tiene in equilibrio all’ ‘alto’. L’assessore Guerra poi assicura: “Parma 2020 avrà grandi eventi che serviranno ad aggregare le persone e creare attenzione mediatica alla città, ma non deve mai perdere di vista le sue specificità, perché alla fine dovrà fare i conti con il proprio futuro. La scommessa di Parma è il 2021: il circuito delle capitali della cultura ha messo in giro energie che sono molto simili di città in città. Siamo diversi da Palermo, abbiamo un atteggiamento diverso per esempio, verso il futuro. La nostra scommessa è il contemporaneo. Nonostante Parma possegga tanta storia e un certo ‘conservatorismo culturale’”.
Andrea Cusumano, già assessore del Comune di Palermo nel periodo che ha consacrato il capoluogo siciliano al titolo, spiega in che modo la città ha affrontato la sfida: “L’occasione è servita soprattutto per riflettere su una città in movimento tra passato e futuro, dove il cambiamento rivoluzionario diventa elemento necessario per creare delle alternative. Lo si è fatto attraverso il sapere e le competenze, in cui è stata l’arte a suggerire una nuova qualità della vita. Poi sono intervenute sempre più aziende private a servizio del territorio, che hanno compreso come la cultura possa davvero essere volano di sviluppo sociale ed economico. A Palermo ha significato guardare ai diritti declinandolo sul tema dell’immigrazione, trattando il problema non dal punto di vista dell’emergenza, ma della cultura. Senza una visione culturale non ci può essere sostenibilità al cambiamento. Tutte le iniziative di Palermo hanno avuto questo intento, culminato con Manifesta 12 e Palermo Capitale della cultura 2018”.
Il punto di vista operativo rispetto alle iniziative che hanno avuto luogo nel 2018 è stato offerto invece da Paolo Falcone, curatore di arte contemporanea: “Palermo ha compiuto un percorso negli ultimi 25 anni per ricostruire la propria pelle, dopo il periodo drammatico delle stragi mafiose. Gli anni ’90 sono stati il ‘Rinascimento di Palermo’. Qui è possibile declinare l’arte contemporanea, per quanto sia stata una scommessa folle. L’arte contemporanea offre un confronto diverso, ti porta alla riflessione, abituando ed educando l’occhio. Allora ecco che anche una mostra porta qualcosa al tessuto sociale, coinvolgendo i cittadini”.
Le riflessioni fin qui proposte spostano l’interesse su Parma, città con caratteristiche lontane da Palermo, che quindi dovrà declinare a suo modo la sfida di capitale della cultura: “Paradossalmente invidio lo stato emergenziale di Palermo – sottolinea in modo ironico l’assessore Guerra – Parma deve combattere contro l’inerzia. Siamo una città di provincia che sta bene e non sa esattamente quali emergenze verranno. Parma sta guardando il mondo negli occhi mentre questo cambia, perché questa città basta a sé stessa. A Parma se vuoi fare una cosa la fai. Questa è una delizia, ma può diventare anche una croce. Ti apri meno e senti meno il dovere di rischiare, forte delle comfort-zone entro le quali sai di poter contare. Sta tutta qui la scommessa del contemporaneo: mettersi in relazione con oggetti che non sei abituato a vedere, di fronte a qualcosa che ti interroga e un po’ ti spiazza”.
QUALI ELEMENTI PER LA SFIDA CULTURALE – Cosa sarà dunque, Parma 2020? Come ammette lo stesso assessore, il dossier è costruito sul sistema culturale cittadino, non è previsto un grande evento che arriva da fuori e capovolge la prospettiva cittadina: “C’è più un lavoro di assistenza e vicinanza alle istituzioni culturali della città. Puntiamo sul modello pubblico-privato che a Parma funziona perché ci siamo messi in testa di collaborare con gli imprenditori in tavoli di lavoro saldi. Sicuramente, sappiamo fare impresa culturale ma questo deve offrire anche una risposta ai cittadini. I numeri della partecipazione culturale attiva è alta ma sul complessivo degli abitanti, di coloro che usufriuscono della cultura, è ancora poco: l’obiettivo è dare grossa spinta alla partecipazione cittadina. La gente deve sentire ogni settimana il bisogno di andare al cinema, al teatro, di acquistare libri. E infine, scoprire attività che non ci riguardano. Questo sarebbe il nostro risultato per la città, accompagnandola in questo percorso. A Palermo è avvenuto questo e la città ha risposto”.
A rafforzare il concetto e far comprendere davvero in cosa consista l’eredità palermitana, basti pensare che gli eventi sviluppati nel corso del 2018 hanno avuto un impatto complessivo su Palermo di 23 milioni di euro, mentre l’investimento iniziale constava 2 milioni e mezzo di euro circa. Cifra che considera il contributo del Ministero della cultura, della Regione Sicilia e in parte minore del Comune di Palermo. Ma il dato veramente significativo stando a quanto dichiara Cusumano, riguarda la combinazione con Manifesta 12, biennale nomade europea di arte contemporanea, e il totale delle proposte che sono arrivate dal basso: almeno 780. Il risultato sono state 3000 iniziative con costo nullo per la pubblica amministrazione. “Ecco quanto è fondamentale il coinvolgimento – sottolinea Cusumano – La città si è raccontata a sé stessa. Sono stati diffusi 12 mila articoli incentrati sulla cultura e soprattutto 1.100 nuovi posti di lavoro, specialmente nel settore turistico. Visivamente l’aspetto più immediato – aggiunge – si è ottenuto tramite la chiusura di alcuni principali assi viari, trasformandole in zone pedonali”.
IL TEMPO DI PARMA E’ IL FUTURO – Come mantenere viva allora questa euforia e questo entusiasmo, declinandoli veramente al futuro? “Si tratta di un processo fragile – spiega il curatore d’arte Falcone – ma l’attenzione è sempre massima. Ogni risultato serve a una nuova ripartenza, non bisogna fermarsi”. In un’immagine suggerita abilmente da Alessandra Borghese , Palermo è come un puledro che è stato domato e ora corre ammaestrato, in virtù di processi attivati e dai quali non si può tornare indietro. Il segreto per Parma allora, è quello di costruire tavoli di lavoro così forti che si autoalimenteranno, “per questo fare sistema è salutare. – conclude Guerra – Con il modello pubblico privato creato, c’è la possibilità di imparare l’uno dall’altro. Non possiamo stare fermi, bisogna aggredire il tempo. Non possiamo sottovalutare il movimento che arriva dai nuovi stimoli della città, ma fare in modo che siano sempre energici”.
Palermo e Parma raccolgono quindi lo stesso guanto di sfida, scendendo in campo con risorse diverse. Da una parte il capoluogo siciliano ha potuto puntare sulla sua naturale ricchezza e, paradossalmente, sulle sue contraddizioni, riscoprendosi a sé stessa e conscia delle proprie bellezze, si è mostrata al mondo; ha fatto delle diverse culture di cui è da sempre formata uno strumento di cultura; ha riqualificato zone strategiche che hanno cambiato il volto della città, riportando la gente nelle piazze del centro storico in un circolo continuo. Palermo oggi non dorme e questo impulso di vita scalfisce anche le zone d’ombra della città, che non smettono di esistere ma vengono così combattute. E poi c’è Parma, piccola e fiera, che con la stessa grazia di una Venere in primavera, potrebbe aprirsi agli occhi del mondo, ma solo se i parmigiani sapranno aprirsi a sé stessi, profilandosi per quello che sono oggi, cittadini tra i cittadini, cultura tra le culture.
di Sofia D’Arrigo
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