Cosa possiamo aspettarci dal telefono del futuro?

Recentemente la tecnologia legata al mobile ha vissuto un’impasse sempre più arduo da affrontare. Quali le soluzioni finora adottate e quale sarà la next big thing?

È trascorso ormai più di un mese dal CES (Conumer Eletronic Show), una fiera che fa da vetrina ai più recenti prodotti tecnologici destinati a breve a raggiungere il mercato. Dal tradizionale ritrovo nei padiglioni di Las Vegas, quest’anno il Covid ha imposto la creazione di spazi virtuali, dando visibilità tanto alle nuove problematiche quanto alle innovative prospettive.

Piatto forte degli eventi sono stati l’igiene e il cambiamento climatico, il primo dei quali ha insistito su sistemi di controllo handless, sostituendo alla dimensione del tocco, la voce e le gestures a distanza.  In questo contesto rinnovato, è onnipresente l’augurio di un ritorno alla normalità in un’era post-covid. Tuttavia esso apre anche a nuovi orizzonti per i nostri fedeli dispositivi mobile.

A quasi 14 anni di distanza, ricordiamo la storica presentazione del primo iPhone di Steve Jobs sul palco del Macworld 2007 a San Francisco. In quell’occasione si diede molto risalto a un’esperienza con il dispositivo che non più filtrata dal tastierino, bensì direttamente legata al tap sullo schermo. Quest’idea, malgrado la sua semplicità, diede il colpo di grazia a un concetto di telefonia ormai obsoleto e avviò una stagione di novità che hanno garantito strumenti e servizi inediti nel mercato globale.

La pandemia potrebbe quindi tradursi in una fase di rinnovamento costringendo le grandi aziende a portare sul piatto nuove soluzioni e magari cambiare il nostro stesso approccio allo smartphone. Essa inoltre rimane solo uno dei diversi fattori di innovazione. Insomma, cos’è stato lo smartphone nella sua vita decennale e quale sarà il suo avvenire? 

La strada finora percorsa

Benché il concetto di smartphone non coincida con la presentazione del primo iPhone e l’emergere della variegata pletora di dispositivi del mercato Android, è innegabile che si dovette attendere fino alla loro comparsa e un paio d’anni in più per capire la vera portata di questo cambiamento. Lo smartphone va infatti compreso nelle sue componenti hardware e software, ma soprattutto nel modo in cui questi due dialogano per adattarsi alle esigenze degli utenti. La standardizzazione di un form factor all’inizio del secondo decennio ha consentito uno sviluppo dei negozi di applicazioni (Apple Store e Play Store). La nascita di questi ambienti comportò un circolo di crescita virtuoso dentro al quale l’acquirente poteva decidere il valore aggiunto che voleva ricavare dal proprio dispositivo. Lo smartphone perdeva così la limitatezza della sua controparte obsoleta, ovvero delle sue funzioni tradizionali di chiamate e messaggi, e con gli anni è stato usato sempre di più per altri tipi di operazioni.

Aziende che dominavano il mercato dei computer dovettero spostare il loro focus. Nota in tal senso è la scommessa persa di Microsoft che dovette ritirare i propri Lumia per la mancanza di un parco applicazioni sufficientemente nutrito. Al contempo, la nascita e il potenziamento del cloud ha consentito nuove forme di produttività che davano modo agli utenti di eseguire in mobilità un certo livello di operazioni. È in questo periodo che si afferma la categoria dei prosumer, ovvero di utenti che investono in dispositivi top di gamma per ottenere funzioni all’avanguardia e una maggiore stabilità nell’uso dello smartphone così da non essere troppo vincolato alla propria scrivania. Ciò venne favorito dall’esplosione, per un certo periodo, del mercato dei tablet e dall’esempio di Samsung che per prima decise di scommettere su schermi sempre più grandi con la serie Note.   

Nella seconda metà del decennio questa evoluzione toccò un picco seguito da anni di crescita a rilento, se non in certi casi stagnante.  La lotta allo spessore aveva portato alla mancanza di spazio per migliorare i sensori delle fotocamere e la durata della batteria. Quest’ultima veniva provata da schermi più energivori e privi di un reale valore aggiunto. Un discorso analogo può essere fatto per la RAM che a oggi è pari o superiore a quella installata su molti portatili e per il 5g, di cui lo stesso operatore mobile statunitense Verizon su Twitter si è limitato a consigliare di tornare al 4g in caso di problematiche legate alla batteria (tweet che è stato poi cancellato). 

Dove risiede la spinta al progresso?

Questa è sicuramente una domanda da un milione di dollari. Si può notare come negli ultimi 3 anni ci sono state due principali innovazioni che hanno fatto parlare di sé. La prima riguarda il sistema con cui interagiamo con i nostri dispositivi, soprattutto quelli dotati di schermo edge-to-edge: dai tasti fisici siamo passati alle gestures, di fatto completando la parabola iniziata con il primo iPhone. L’assenza di questi potrebbe portare anche all’eliminazione delle porte, bandiera che verrà sicuramente sventolata da Apple, da sempre nota per portare avanti nuove tecnologie e  supporti legati alle connettività. Ben presto potremmo vedere meccanismi di ricarica on air come quelli presentati da Xiaomi e Motorola.

Il 2019 è stato invece l’anno della nascita dei pieghevoli, un progetto molto controverso che inizialmente aveva sfidato le leggi del mercato (basti pensare al primo Galaxy Fold considerato alla stregua di un prototipo dal prezzo proibitivo) ma che ora sta via via venendo sempre più accettato. I pieghevoli non sono ancora un prodotto largamente diffuso dunque sarebbe complicato parlare del loro impatto. Sono essi veramente utili all’utente medio o si riveleranno essere uno specchio per le allodole? Quello che è certo è che il mercato sta guardando con interesse alla sperimentazione di nuovi form factor. Questi tentativi ricordano la situazione di 20 anni fa, quando al posto del Galaxy Fold 2, del LG Wings e dell’OppoX 2021, le aziende producevano i Flip Phone, il Nokia 3310, il Motorola Razer P3 o il Blackberry 7270. Leggendo queste dinamiche come una serie di corsi e ricorsi, sarà inevitabile la formazione di un nuovo form factor ma al momento quale sarà non c’è dato sapere.

Dalla fotocamera singola, uno standard anche estetico per qualsiasi smartphone durante la prima metà del decennio, si passò a implementarne sempre di più e a oggi abbiamo il Samsung Galaxy S21 Ultra dotato di 4 fotocamere e l’iPhone 12 Pro con un sensore che va ad interagire con il sistema a tripla fotocamera: il LiDAR (Laser Imaging Detection and Ranging), il cui rilevamento della profondità non aiuta solo a ottenere migliori scatti ma favorisce la creazione di ambienti in realtà aumentata. Questi sensori implementati sugli smartphone li rendono più intelligenti e costituiscono un banco di prova per la commercializzazione di nuovi indossabili. Come nel 2014 l’app Salute unita alle funzionalità dell’accelerometro e del giroscopio avevano portato alla creazione dell’Apple Watch, così l’attuale scommessa sul popolarizzare l’AR viene condotta con il LiDAR. Queste possibilità potrebbero essere estesa anche sul fronte del telefono una volta risolto il problema del posizionamento della fotocamera sotto il display. Verso la fine dello scorso anno era stato infatti commercializzato il primo smartphone di questo tipo, lo ZTE Axon 20 5G, ma serviranno ancora degli anni per maturare questa tecnologia.

Guardando alle novità software, il duopolio di Google e Apple verrà presto interrotto dall’arrivo di un nuovo competitor. Per effetto del Ban, Huawei è stata costretta ad abbandonare tutti i servizi Google, Android compreso, dovendo così accelerare lo sviluppo del loro sistema operativo al quale stavano già lavorando da anni. HarmonyOS 2.0 era stato annunciato dall’azienda cinese ad agosto 2019 e verrà fatto uscire quest’anno nei suoi nuovi telefoni. Questo sistema operativo si espanderà velocemente nel continente asiatico e rappresenterà un’alternativa credibile ad Android e iOs. Uno dei suoi punti di forza sarà l’integrazione con un ampio ventaglio di dispositivi quali orologi, smart TV, automobili ed elettrodomestici. Questa ondata di entusiasmo durata ormai da un paio di anni, e viene solo ora smorzata dalla scoperta di Ron Amadeo di Ars Technica, sito web di notizie e informazione tecnologica. La dubbia originalità di HarmonyOS rispetto ad Android vengono ripresi da HDBlog: Insomma, HarmonyOS – o HomgmengOS, se siamo in Cina – è in tutto e per tutto identico ad Android. Un fork di Android, più precisamente, così come in passato lo è stato l’esperimento di Amazon con FireOS. Del resto Android è open source, e non c’è nulla di illegale nel “copiare” l’OS adeguandolo ai propri prodotti. Ma da qui a definirlo “un sistema operativo completamente nuovo” c’è una bella differenza.

Se è quindi vero che per molti versi gli smartphone oggigiorno fanno meno parlare di loro stessi, avendo esaurito quella carica innovativa che li caratterizzava dieci anni fa, nuove tecnologie e nuovi player stanno tentando di dare una scossa al mercato, guardando alle abitudini dei loro utenti e ragionando su quali passi potranno essere da questi accettati.

di Francesco Scomazzon

 

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