Sistemi agroforestali: il futuro dell’agricoltura sostenibile che potrebbe partire dall’Italia

Quali sono i vantaggi dell'adottare sullo stesso terreno alberi legnosi, coltivazioni agricole e allevamenti di animali da pascolo? Molteplici e benefici per l'ambiente. Ce ne parla il dottor Antonio Pignalosa, tecnico di laboratorio al Laimburg Research Centre

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Uscendo da un qualunque centro urbano della Pianura Padana non si può non posare lo sguardo sulla distesa di campi agricoli che costeggia le carreggiate della strada. Eppure sessant’anni fa il paesaggio padano appariva completamente diverso agli occhi di un passante. I campi, seppur presenti, erano accompagnati da alberi da frutto, animali al pascolo e fornivano un paesaggio variegato. 

Il boom economico italiano ha accompagnato un boom agricolo, che ha portato allo sviluppo di tecnologie passando dall’agricoltura ‘tradizionale’ a quella intensiva. Ciò ha causato un cambiamento delle modalità di fare agricoltura, passando da sistemi colturali misti a sistemi monocolturali, stravolgendo i paesaggi della Pianura Padana e dell’intero territorio italiano ed europeo. 

Nonostante ciò, negli ultimi anni, grazie anche all’intervento delle Istituzioni europee ed in generale all’aumento dell’interesse e la sensibilità ambientale da parte della società, qualcosa sta cambiando. Sembra esserci un’inversione di rotta, un lento ritorno ad un passato nostalgico, accompagnato da tecnologie moderne. 

Uno degli esempi più brillanti ed efficaci è quello dei sistemi agroforestali, definiti come associazione sullo stesso terreno di alberi legnosi, coltivazioni agricole e allevamenti”, il loro sviluppo è stato indicato dalle Nazioni Unite come un modo efficace per realizzare obiettivi dello sviluppo sostenibili previsti per il 2030, entrando di fatto nel Decade on Ecosystem Restoration, iniziativa dell’ONU che punta a fermare ed invertire il declino che coinvolge gli ecosistemi

Il dottor Antonio Pignalosa, tecnico di laboratorio al Laimburg Research Centre ci spiega l’utilità e lo sviluppo dei sistemi agroforestali in Italia. Laureato in Scienze Naturali e collaboratore del centro di sperimentazione Laimburg, in Alto Adige, è attualmente impegnato in un progetto di lotta biologica proprio in sistemi agroforestali.

Una tradizione agricola dalle radici lontane

I sistemi agroforestali hanno una storia molto lunga: già i romani usavano questi sistemi. In particolare le viti venivano fatte crescere sugli aceri (Acer campestre) o sull’olmo (Ulmus minor) e quindi gli alberi venivano usati come supporto ed allo stesso tempo come alimento per il bestiame. In alcuni casi lo spazio inter-filare veniva usato per le coltivazioni annuali di ortaggi e cereali.

Attualmente in relazione a come vengono creati, abbiamo due tipi di sistemi agroforestali: di ricavo oppure di innesto. Come spiega Pignalosa: “Se esiste un sistema agrario ed immetti specie forestali, stai creando un nuovo sistema di innesto”. Questi sistemi hanno un ruolo ecologico importante, in quanto si cerca di recuperare spazio per specie forestali. “Mentre i sistemi di ricavo vanno in qualche modo a togliere spazio alle specie forestali, in quanto si tratta di sistemi forestali al cui interno vengono inseriti colture agricole”. Considerando la situazione in cui vigono i suoli italiani, caratterizzata da un declino e  una diminuzione della superficie dei suoli, sarebbe saggio instaurare sistemi ad innesto, piuttosto che continuare ad occupare suoli forestali.

“I sistemi agroforestali creano vantaggi sia economici che ecologici, – continua Pignalosa – riuscendo a creare un connubio tra questi due interessi e contemporaneamente centrando le prospettive di sviluppo sostenibile”. Gli interessi economici permettono di ottenere dei prodotti di qualità,  permettendo una riduzione di lavoro da impiegare nell’agricoltura, in quanto alcuni servizi saranno offerti gratuitamente dalla presenza di specie forestali. Infatti sappiamo che la presenza di alberi dona vari vantaggi, tra cui: inumidire il suolo; garantire un maggiore apporto di nutrienti; permettere lo stoccaggio di ingenti quantità di carbonio e soprattutto aumentare la biodiversità, la quale offrirà a sua volta altri benefici, come l’aumento di impollinatori e l’aumento di predatori di parassiti di colture agricole. 

Naturalmente esistono degli svantaggi. Il primo su tutti è il tempo, infatti gli alberi per crescere impiegano tempi piuttosto lunghi, che variano nell’ordine della decina d’anni. Pertanto, è fondamentale inserire degli alberi mirati agli obiettivi che si vogliono raggiungere nel breve o nel lungo termine. 

Come siamo messi in Italia? 

L’Italia ha un paesaggio che ben si sposa con i sistemi agroforestali, infatti il dottor Pignalosa racconta che “il centro-sud italiano è ricco di sistemi agroforestali, in  quanto la geomorfologia dei suoli difficilmente permette la coltivazione di monocolture”. Ciò è dovuto alla presenza di territori collinari, difficilmente inclini alle monocolture. 

“I vari sistemi agrari muteranno, ci sarà una diminuzione delle monoculture, probabilmente i sistemi pluricolturali diventeranno sistemi agro-forestali. Vista la geografia del nostro territorio potremmo essere uno dei primi paesi europei a tornare ad usare questi sistemi” ipotizza Pignalosa. 

Secondo Pignalosa è importante abbinare l’ecoturismo ai sistemi agro-forestali, poiché il settore è in forte espansione (parliamo di dati pre-pandemia da Covid-19), e potrebbe essere un modo sostenibile di ottenere le eventuali perdite dettate dal passaggio dalle monocolture alle pluricolture.

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Esempi di sistemi agroforestali

In Emilia-Romagna esistono alcuni esempi di sistemi agroforestali, in particolare sono presenti in canali paralleli al Po ed il loro ruolo è fondamentale. Costituiscono infatti la vegetazione ripariale, che costituisce l’interfaccia tra la terra ed un corso d’acqua, ciò permette il trattenimento di inquinanti, da parte della vegetazione, e costituisce una barriera in caso di piene dei corsi d’acqua.

In questi casi una delle specie arboree più usate è il pioppo bianco (Populus alba), il quale offre diversi vantaggi, tra cui l’essere una specie a crescita veloce, l’utilizzo come ceduo (legna) ed un ottimo adattamento ai suoli umidi.
Purtroppo in Emilia-Romagna, come in quasi la totalità del territorio della Pianura Padania, abbondano i terreni adibiti a monocolture, che rende questi suoli a lungo termine poveri di nutrienti e soprattutto molto fragili.

Esempi virtuosi si stanno sviluppando nell’Appennino centro-meridionale italiano. Un esempio è fornito da un articolo di Ansa, che racconta il ruolo svolto dalle oche domestiche in un vigneto a Monferrato (PG), le quali per i vigneti, attraverso la loro azione di erbivoria, ripuliscono il terreno dalle piante spontanee. In questo modo gli agricoltori eviteranno di utilizzare diserbanti chimici, riducendo costi ed impatto ambientale ed allo stesso modo aumentando la qualità del prodotto agricolo. 

Un particolare sistema viene definito silvopastorale e prevede non solo animali da pascolo e sistemi forestali ma anche frutteti. In Italia la consociazione più diffusa vede gli ovini sotto gli olivi 

L’attuale diffusione dei sistemi agroforestali in Europa è stata studiata nell’ambito del progetto di ricerca europeo Agforward.

Lotta biologica e sistemi agroforestali

La lotta biologica è una pratica che si sta diffondendo sempre di più negli ultimi anni, essa consiste nell’utilizzare specie utili per combattere specie invasive. Quindi essa è un modo completamente naturale per risolvere problemi come quelli legati ai parassiti, all’erbivoria o alla crescita incontrollata di piante ‘infestanti’.

Il dottor Pignalosa parla di uno degli studi più virtuosi presenti sul territorio italiano, quello che coinvolge la cimice asiatica (il parassita) e la vespa asiatica (il predatore). “È uno dei progetti più importanti in Italia ed in Europa, l’obiettivo è quello di ridurre o eliminare insetticidi e pesticidi, che da troppo inquinano e danneggiano la fauna autoctona. Tutto ciò può avvenire in modo eco-sostenibile. Semplicemente la vespa parassita le uova delle cimici, andando a ridurre le nascite di quest’ultimi”. Infatti i gravi danni provocati dalle cimici asiatiche alle colture derivano dalla facilità di riproduzione di questi insetti. Quindi una riduzione delle uova garantirebbe una diminuzione del problema.

In tutto ciò svolgono un ruolo importante i sistemi agroforestali, poiché “la vespa asiatica predilige le lamine fogliari delle specie arboree per la riproduzione”. 

Considerando i molteplici vantaggi che offrono questi tipi di sistemi, il loro ruolo può essere davvero importante in un futuro  economico e sociale in cui si prevede un ruolo centrale dell’ecologia e della sostenibilità ambientale. E magari fra vent’anni attraverseremo le carreggiate della via Emilia osservando un paesaggio completamente diverso.

Intanto i primi passi si stanno muovendo verso una presa di coscienza più forte. In un recente convegno internazionale in Italia, Agroforestry and the green architecture of the new Cap, l’agroselvicoltura è stata indicata come una priorità per la riforma della Politica agricola comunitaria.

di Antonio De Vivo

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