Mafie 3.0 – Le trasformazioni della criminalità organizzata

L'Università di Parma ha organizzato un seminario formativo sullo sviluppo delle mafie e delle misure di prevenzione e repressione: da Totò Riina ai giorni nostri

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Sono definite le “Mafie 3.0”, la “nuova criminalità organizzata”, che di nuovo, però, cos’ha? Se si pensa poi che le mafie “evolvono come evolve la società”, come dice il colonnello Sergio De Caprio, si potrebbe pensare che esse siano uno specchio dell’evoluzione sociale degli ultimi anni e si potrebbe anche dire che come sono evolute loro, è evoluto anche il modo di opporvisi.

Per capire meglio l’argomento, il 10 Giugno l’Università di Parma, insieme a Unicef, Regione Emilia-Romagna e con il patrocinio del circolo culturale Il Borgo, ha ospitato virtualmente il seminario “Mafie 3.0 – Le trasformazioni della criminalità organizzata”. Nel corso del seminario, moderato da Avv. Isotta Cortesi, dopo un intervento del Rettore Paolo Andrei, vi sono stati gli interventi del Colonnello Sergio De Caprio, noto come “Capitano Ultimo”, di Nicola Morrapresidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, di Elia Minari, coordinatore dell’Osservatorio Permanente Legalità dell’Università di Parma, responsabile del corso “Prevenzione e contrasto della corruzione e della criminalità organizzata” e di Luciano Garofano, Generale dell’Arma dei Carabinieri in congedo, già Comandante dei R.I.S. di Parma. 

L’avvocata Isotta Cortesi ha avviato il seminario ricordando l’utilità di occasioni come queste per “rendere i cittadini più consapevoli”. Infatti, secondo l’avvocata, è necessario educare i ragazzi ad essere una cittadinanza attiva e consapevole.

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Da Totò Riina ai giorni nostri

Come sono evolute le mafie dall’arresto di Totò Riina ai giorni nostri? A spiegarlo è il Colonnello Sergio De Caprio, noto come “Capitano Ultimo”, capo dell’unità dei Ros dei Carabinieri che arrestò Totò Riina.

Prima di tutto, parlare del contrasto alla mafia è certamente difficile, ma in fin dei conti è anche una cosa semplice. Questo perché ci troviamo in un tratto di un percorso che ha caratterizzato la vita del nostro paese per tanti anni, che ci ha visto combattere all’inizio una criminalità mafiosa che era ombra, opacità e nascosta, segreta. Si è combattuto un nemico fortissimo perché era invisibile e sconosciuto. Poi c’è stata la stagione dei collaboratori di giustizia, e da allora questa non è più una organizzazione segreta, e quindi abbiamo potuto combatterla ad armi pari, perché le mafie ora hanno nomi e cognomi, un indirizzo di residenza e un registro delle attività da loro svolte. Oggi, infatti, la parola chiave è monitoraggio Si è in grado di monitorare e quindi prevenire l’attività delle mafie, si può avere e creare una ricerca informativa, una forze di polizia che sviluppi assetti e capacità adattive, partendo dalla conoscenza delle loro identità ed usufruendo anche di un altro punto di forza, ovvero avere la possibilità di osservare cosa fanno i loro figli. L’obiettivo attuale è smettere di parlare di infiltrazioni ma piuttosto seguire le infiltrazioni e dunque capire l’evoluzione dello strumento informativo.

Capitano Ultimo specifica anche che Parma, tra l’altro, presenta figure importanti come Carlo Alberto della Chiesa, che ha creato la capacità di ricerca informativa tecnica ed ha insegnato a diventare dei “parassiti” per le organizzazioni criminali, poterle quindi seguire in maniera sistematica ed annientarle.

La mafia del 2021 e come combatterle

La mafia si evolve come si evolve la società stessa. “Il problema non è quello che fa la mafia, ma la nostra capacità di seguirli giorno e notte, la nostra capacità di plasmarci sull’avversario”, così parla della mafia odierna Capitan Ultimo.

Secondo il Capitano, seguire i traffici una volta che il denaro quando esso viene immesso nel sistema finanziario è estremamente difficile, molto più facile sarebbe seguire i mafiosi quando essi si approcciano gli strumenti finanziari. L’unico modo tuttava per capire davvero le azioni criminali che queste persone compiono è seguire i mafiosi stessi.

Combattere la mafia servendosi della popolazione comune può essere possibile in tanti modi, avendo come obiettivo quello di rendere ostativo alla mafia il mondo del lavoro e quindi premiare in maniera ulteriore la dissociazione, specialmente quella che viene dalle imprese. Per fare questo si potrebbe inserire una norma per cui in un appalto pubblico, un’azienda che ha assunto un testimone di giustizia (o un suo figlio) dovrebbe ricevere il 30% in più di punteggio, ad esempio. Creando questi meccanismi si dà un incentivo maggiore per far sì che molte più persone si facciano avanti in caso di informazioni.

Poi, “se non si pensa mafiosamente, non si agisce mafiosamente”, questo sostiene Nicola Morra. Significa che “è importante prevenire l’azione mafiosa attraverso un intervento culturale”. Infatti, “un esercito di maestre elementari potrà sconfiggere la mafia”: così sosteneva Gesualdo Bufalino. Se non consoci il fenomeno con cui ti devi confrontare e se non lo sai definire o perimetrare, l’azione di contrasto, repressivo o preventivo, sarà sempre sterile ed inefficace.

La forza delle consorterie mafiose va ricercata nella debolezza di chi le dovrebbe arginare e sconfiggere. Questa debolezza è, prima ancora che repressiva, preventiva. Se si permette che si pensi mafiosamente, non ci si deve stupire se si agisca mafiosamente. Secondo il presidente Morra, le mafie possono essere sconfitte innanzitutto quando si trasformerà la nostra legislazione penale rendendo il crimine mafioso non conveniente, in quanto, citando Giovanni Falcone, ciò che dà dignità a qualunque essere umano è la coscienza di aver fatto il proprio dovere.

Criminalità organizzata e le indagini scientifiche

Oggi le indagini scientifiche sono essenziali tanto quanto quelle tradizionali secondo Luciano Garofano, ex comadante dei RIS di Parma. Si pensi soltanto all’utilità di queste indagini all’indomani della strage di Capaci. Non tutti sanno che coloro che dettero l’avvio a quel terribile attentato dinamitardo, in attesa del passaggio dell’autovettura di Falcone, della moglie e della sua scorta, “fumavano nervosamente, e lasciarono 51 mozziconi di sigarette su quella collina dalla quale potevano controllare tutto. – spiega Garofano – Quei 51 mozziconi di sigaretta hanno costituito un importante punto fermo delle indagini perché furono sottoposte ad analisi del DNA e fu possibile confrontarle con quel commando di cui facevano parte Santino di Matteo, Giovanni Brusca. Consentirono di avere riferimenti precisi su quelle che erano le loro responsabilità”.

Se vogliamo essere pronti a combattere la mafia ad armi pari (cosa quasi impossibile considerando che la criminalità ha il vantaggio di potersi muovere senza tutto il meccanismo farraginoso che prevede lo Stato) si deve ricordare che “le banche dati scientifiche sono essenziali, ed in generale tutto quello che riguarda l’informatica forense ci permette di esplorare in maniera approfondita le interconnessioni tra i personaggi e le loro relazioni” attraverso non soltanto l’intercettazione più tradizionale quale quella telefonica o ambientale, ma anche “attraverso indagini sui dati e sui social che oggi costituiscono uno strumento estremamente importante” conclude Garofano.

di Xhesara Hasrami

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