Unipr OnAir – Albertina Soliani: ”Democrazia potente antidoto contro la disuguaglianza”
Continua la rassegna di interviste dedicate ai goals dell'Agenda 2030 dell'ONU: la docente di Archeologia classica dell'Università di Parma Alessia Morigi intervista la senatrice, vice presidente di Anci e presidente dell'Associazione Amici della Birmania
Tema della nuova puntata di ”Unipr OnAir” è il goal 10 che mira entro il 2030 a ridurre le ineguaglianze all’interno e fra le Nazioni. Obiettivi ambiziosi, globali e non solo economici quali il potenziamento attraverso la promozione dell’inclusione sociale, economica e politica di tutti a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, religione, status economico o altro. Assicurare pari opportunità, eliminando leggi e politiche discriminatorie e promuovendo legislazioni, politiche e azioni appropriate a tale proposito. Infine, promozione di politiche globali di protezioni sociali e una migliore gestione dei flussi migratori.
L’ospite Albertina Soliani, senatrice, presidente dell’Istituto Alcide Cervi per la memoria della Resistenza, vice Presidente nazionale dell’Anpi, già Presidente dell’Associazione Amici della Birmania, conversa con la professoressa dell’Università di Parma, Alessia Morigi, sul tema della democrazia e sulle relative declinazioni.
Siamo davvero tutti uguali?
La prima questione che si solleva è se esiste ancora oggi un legame profondo tra democrazia e uguaglianza e come si fa per tutelarlo in un mondo globalizzato. ”Solo le democrazie possono affrontare le disuguaglianze perchè c’è un principio di comune umanità, ciascuno ha la stessa dignità. Gli uomini sono tutti uguali. Questi sono i principi fondamentali per la conquista della democrazia”, continua.
Un Paese democratico si atrezza per realizzare i diritti che hanno a che fare con la stessa dignità delle persone, come il lavoro, il walfare, l’istruzione, la salute. Oggi, contrariamente, si assiste ad un crescente disaffezione verso la democrazia e il suo invecchiamento biologico, sostiene Morigi, peggiora ancora di più la già precaria situazione.
Freedom House ( organizzazione non governativa internazione con sede a Washington, Stati Uniti) ha registrato negli ultimi dieci anni un arretramento significativo dei sistemi democratici e un conseguente innalzamento delle disuguaglianze in tutti i Paesi più popolati della Terra. Come giustamente evidenzia anche Soliani, ci sono anche coloro che sostengono le ineguaglianze: la diversità come razze o questioni di provenienza diventano fonte di disuguaglianza. Diventa chiaro che non si tratta più di “una mera battaglia tra esseri umani, ma nel secolo attuale è uno scontro tra le nazioni e i popoli”.
Come si distribuiscono le disuguaglianze nel mondo? In ogni parte del globo ci sono sproporzioni evidenti. ”La comunità internazionale è capace di affrontare tali sfide? No, i sistemi globali sono pochi e quelli che rimangono stanno faticando parecchio”.
Le democrazie, nate alla fine di una tragedia umana senza precedenti, sono relativamente recenti. Vanno motivate. Non dobbiamo cadere in altri drammatici travagli per riscoprire quel loro modo di essere. “Le democrazie sono regole, comportamenti, leggi, equilibri, poteri. Dobbiamo averne grande cura e a loro volta devono prendersi cura di tutti, è il governo dei più, dei molti che partecipano”.
Il ruolo della cultura
La professoressa passa poi al rapporto democrazia-istruzione, sottolineando come la cultura sia oggi riconosciuta come uno strumento trasformativo della società, un motore per una crescita equilibrata e inclusiva. Continua poi la riflessione sul fatto che se l’eguaglianza è contemporaneamente opposizione alle disuguaglianze e tutela delle differenze, allora ne consegue che la riduzione delle ineguaglianze è promozione del pensiero critico, del dubbio, che richiama indirettamente l’umiltà francescana nella tradizione italiana.
In questo panorama di suggestioni proposte, la senatrice cita anche Enea (l’eroe troiano che secondo il mito avrebbe fondato Roma). Soliani entra nella discussione, evidenziando prima di tutto come queste immagini e sentieri della cultura evocati abbiano a che fare con i beni prodotti dall’umanità, con l’intelligenza, ricerca, conoscenza, ma anche con i sentimenti, lo spirito e la sensibilità.
“La cultura, come le Università, gli Istituti, l’Istituto Cervi stesso, è un sistema di valori e grandi esperienze da trasmettere. Ci sono migliaia di persone che attingono all’istruzione non solo attraverso le classiche istituzioni, ma anche tramite percorsi e capacità e competenze acquisite per mezzo dei tali”.
”La cultura è decisiva per la democrazia e per l’uguaglianza”, asserisce l’ospite.
Si inserisce a pieno titolo in questo ampio ventaglio di scuola e democrazia il prezioso insegnamento di Don Milani, il priore di Barbiana da sempre vicino agli strati più deboli della società. Ha denunciato le criticità, le disuguaglianze, ha proposto una scuola inclusiva, per tutti. Essere poveri non equivaleva a essere privi di cultura.
Ne ricordano una sua celebre e potente citazione: ”Se non conosci le parole, non possiedi la tua dignità e non sei in grado di relazionarti con gli altri. Ci vuole cultura per fare democrazia e per vedere le disuguaglianze e combatterle”.
E’ un progetto di vita innanzitutto.
Un corridoio dall’Emilia alla Birmania
Come emerge dal libro dell’attivista Soliani, ”Tutto si muove, tutto si tiene. Vita e politica. Quasi un bilancio per la generazione che viene”, la sua storia di vita politica è racchiusa tra Boretto, il suo paese natale e la Birmania. E’ la ricostruzione di quel fitto tessuto di relazioni d’amicizia, specialmente con Aung San Suu Kyi, consigliera di Stato ora in esilio.
Possono sembrare due terre lontane anni luce, ma tra l’ Emilia e il Myanmar (nome ufficiale dello Stato in passato noto come Birmania) vi è un minimo comune denominatore: l’impegno contro le disuguaglianze e il diritto alla democrazia. Soliani ricorda come anche l’Università di Parma svolga una stretta collaborazione con la nazione del sud-est asiatico per la conquista e diffusione di tali diritti.
Attraverso il colpo di stato del 1 Febbraio 2021, l’esercito si è impadronito del Paese e lo tiene prigioniero, ma il popolo fa resistenza: alza la voce e combatte in nome della pace, della riconciliazione, di uno sviluppo inclusivo e per la tanto agognata democrazia. La partita è tra democrazia e dittatura nella maniera più feroce.
“Aung San Suu Kyi aveva fondato il movimento per la democrazia. Basò tutta la sua vita su di essa, perchè era l’unico modo di fare del bene al suo popolo. Ora si ritrova segregata in un posto sconosciuto ed è sottoposta ad un terrbile processo dove rischia una condanna pesantissima”. Si parla di democrazia, ma si tratta anche di vita e di morte.
Certo, ci possono sembrare fatti molto lontani da noi, che non ci riguardano direttamente, “ma è anche vero che questo peso incombe sulla nostra coscienza“. Noi, cittadini del mondo, siamo oggi tutti cittadini del Myanmar e dovremmo chiederci perchè sta succedendo questo e come possiare arginare il problema. E’ chiaro come poi l’interrogativo si estenda anche ai sistemi internazionali. La partita non si gioca tra singoli stati, ma tra tutti i continenti e aree. La democrazia, d’altronde, riguarda tutti quanti
Si potrebbe allora affermare, conclude l’ospite, che “il popolo birmano sta combattendo oggi per la democrazia anche per noi, che siamo travolti dal consumismo e che di questo ne facciamo la nostra preoccupazione principale”.
di Serena Squarcia
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