Generazione 2: “Perchè ho scelto di indossare (e togliere) il velo”

NATI E CRESCIUTI IN ITALIA MA PER LO STATO STRANIERI FINO AI 18

Immigrazione, generazione 2Dopo 20 anni di continuo aumento della popolazione straniera, a Parma dal 2013 il percorso sembra essere cambiato e aver preso una strada diversa: nel 2014 la comunità straniera rappresenti il 13,2% della popolazione, quasi duemila persone in meno rispetto all’anno precedente. La crisi economica, stando al XII Rapporto sull’immigrazione straniera redatto dall’Assessorato Politiche sociali della Provincia di Parma, “incide fortemente nei percorsi di inserimento dei cittadini stranieri”; la mancata certezza lavorativa infatti aumenta la precarietà dei rapporti di lavoro e i possibili fenomeni di discriminazione. I maggiori Paesi di provenienza sono la Moldavia che si piazza al primo posto con quasi il doppio di persone rispetto alla seconda classificata cioè la Romania; seguono poi Albania, Filippine, Tunisia, Nigeria, Marocco, Ucraina, Ghana e Costa d’Avorio. Tra i nuovi nati del 2013, il 27,1% sono stranieri e in generale nella fascia di età 0-4 anni la percentuale di bambini stranieri è del 24,5%. I ragazzi stranieri che frequentano le scuole primarie e secondarie nella nostra provincia sono il 15,7% del totale degli studenti, tuttavia una ricerca di Marco Mezzadri, docente di Didattica dell’Italiano all’Università di Parma, ha mostrato un problema da non sottovalutare: solo un ragazzo straniero su tre dimostra di avere le competenze linguistiche per riuscire a seguire autonomamente le attività didattiche. Dati che in un certo senso spiegano la bassa affluenza di giovani studenti universitari stranieri, che sono infatti solo il 4,7% degli scritti all’Università degli Studi di Parma.

 

STRANIERI SI’, MA FINO AI 18 ANNI – Eppure è facile fare confusione quando si parla di persone non italiane. La cosa più immediata da pensare è che chiunque abbia dei tratti somatici diversi dai nostri sia uno straniero, un immigrato, forse anche arrivato in Italia in modo non sempre legale. La generalizzazione di certe menti pigre, poi, si fa ancora più profonda quando si pensa ai giovani immigrati, quelli che vengono spesso chiamati di ‘seconda generazione’. Questo perché figli di persone che per prime hanno lasciato il proprio Paese di origine in cerca di una vita migliore. Forse non tutti sanno che stando all’art. 4, comma 2, della legge 91/92 “lo straniero nato in Italia,  che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.

 

DIETRO IL VELOSamar ha 25 anni, è parmigiana, studia farmacia e ama mangiare gli anolini. E’, inoltre, la presidentessa del centro Giovani Musulmani di Parma. Samar è, come si suole dire, ‘immigrata di seconda generazione’: i genitori egiziani sono in Italia da circa trent’anni, lei è nata e cresciuta qui.
Racconta che all’asilo e alle elementari era l’unica bambina dai tratti non italiani, ma nonostante questo sono stati pochissimi gli episodi di discriminazione durante il suo percorso scolastico, tra i quali una maestra che storpiava il suo nome chiamandola ‘Somara’ e qualche insulto da parte dei bambini suoi compagni.

Eppure la consapevolezza della propria diversità è arrivata con il tempo, quando le veniva chiesto perché fosse di un’altra religione. All’età di 16 anni arriva la decisione di indossare il velo, decisione presa insieme alla madre, che di anni ne aveva 43. “Non capisco perché a scuola dovevano scherzare con me solo per via della mia origine e non sul mio dente storto. Il mio dente storto passava automaticamente in secondo piano! La scelta di mettermi il velo ha cambiato completamente la mia vita, soprattutto nei rapporti personali”. La gente guarda, ma pochi le rivolgono la parola, qualcuno, per curiosità, le chiede se il suo mettersi il velo è un obbligo o una scelta. Il problema, secondo Samar, è che molte persone hanno un’immagine altamente stereotipata del musulmano, a seguito dell’11 settembre la televisione ha modificato l’immaginario collettivo e un musulmano spesso è istintivamente collegato ad un terrorista, tanto quanto a una donna con il velo è legata l’immagine della sottomissione femminile.

Samar si sente italiana a tutti gli effetti, il suo velo non è simbolo di alcuna sottomissione e “di tutte le ragazze che portano il velo che io conosco, solo una lo fa a causa di una forte pressione della famiglia“. Al centro Giovani Musulmani parla con gli altri ragazzi in italiano, perché sa bene quanto la lingua sia importante nel processo di integrazione. Rispetto a lei, i suoi genitori, immigrati di ‘prima generazione’, hanno conservato tratti di una cultura che lei non sente più propri: il padre guarda la tv in arabo, la madre non ha amici maschi.

Oggi Samar non porta più il velo: “Ho deciso di toglierlo perché ho cominciato a fare tanti colloqui di lavoro e molti mi hanno escluso a priori perché vedevano la foto sul curriculum. Poi ero stufa degli sguardi della gente, stavo cominciando a diventare paranoica e non distinguevo più una semplice antipatia o maleducazione che sarebbe stata rivolta a chiunque da una discriminazione per via del velo” (Al di là del velo, la storia di Samar: “Esclusa dai colloqui per la mia foto sul curriculum”).

 

di Adriano Arganini, Arianna Belloli, Sofia Caratozzolo, Fiorella Guerra

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