Pensare la maternità surrogata: tra diritto italiano e saperi psicosociali
In Italia è vietato ma nel dibattito entrano in gioco vari concetti come il diritto alla genitorialità. Ne parlano le docenti Benedetta Liberali e Federica de Cordova all'Università di Parma
Il 20 aprile si è tenuto a Parma il quarto appuntamento della rassegna di incontri sull’autodeterminazione delle donne nella gestione del proprio corpo. Al seminario dal titolo “Pensare la maternità surrogata: un dialogo tra diritto e saperi psicosociali”, oltre a Giulia Selmi e Veronica Valenti, curatrici degli incontri e docenti di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali sono intervenute la professoressa Benedetta Liberali, professoressa associata di diritto costituzionale presso l’Università Statale di Milano, e la professoressa Federica de Cordova, psicologa e professoressa di psicologia sociale presso l’Università di Verona.
Questo quarto seminario è dedicato alla maternità surrogata, un tema di stretta attualità. “C’è chi vede in tale pratica la riduzione del corpo femminile a mera commodity del mercato della riproduzione, – spiega la professoressa Valenti – c’è chi invece fa leva sul principio di autodeterminazione delle donne nella gestione del proprio corpo e vede dietro il divieto della maternità surrogata la tendenza del potere pubblico a voler controllare il corpo femminile”.
Per quanto riguarda la Corte costituzionale rimane fermo il divieto di maternità surrogata ma ci si pone il problema della registrazione del riconoscimento dei figli che nascono da questa pratica. C’è stata infatti una chiara presa di posizione da parte del Ministero dell’Interno volto a fermare la tendenza dei diversi comuni a trascrivere gli atti di nascita prodotti dagli Stati stranieri che ha portato il sollevarsi di molte polemiche a partire dal sindaci italiani come quello di Milano, Beppe Sala.
Le sentenze
Il titolo di questo incontro, dice Liberali, parte da un verbo: “Pensare la maternità surrogata”. La legge 40 del 2004, che è la prima normativa in materia di fecondazione medicalmente assistita, parla di surrogazione di maternità, ma è però intitolata “procreazione assistita”. Molti mettono in discussione la parola “procreazione” perché richiama una dimensione divina e così preferiscono “gestazione”. “Abbiamo dei fili rossi” dice la professoressa, e quello dell’evoluzione tecnico scientifica ci consente di applicare questa pratica, una gestazione naturale, a partire dall’applicazione di una procreazione artificiale.
Esiste nel nostro ordinamento un diritto a procreare e a diventare genitori. Nella sentenza 151 del 2009 la Corte costituzionale individua per la prima volta le esigenze di procreazione rispetto alla necessità di tutelare la salute delle donne. La sentenza 162 del 2014 vieta in assoluto la fecondazione eterologa, quindi la donazione di gameti esterni alla coppia. Questo divieto è “incostituzionale perché viola i diritti fondamentali dell’individuo, il diritto a scegliere di formare una famiglia con figli anche non biologici”. L’anno successivo la Corte con la sentenza 96 concede l’accesso alle tecniche di procreazione assistita anche alle coppie portatrici di gravissime malattie genetiche per consentire loro di eseguire il preimpianto in modo da evitare l’interruzione di gravidanza in caso di malformazione da malattia genetica trasmessa all’embrione. Nel 2017 arriva a dire che la surrogazione di maternità offende in modo intollerabile la dignità della donna. Nel 2019 e nel 2020 la Corte dice che nulla può dirsi sulla capacità o incapacità anche della donna sola, della coppia omosessuale e della coppia eterosessuale in età avanzata di fare da genitori a dei figli quindi in realtà lascia aperta questa possibilità rivolgendosi ancora una volta al legislatore chiamato a farsi carico di una eventuale disciplina.
La Corte di Cassazione nel dicembre del 2022 dice che una valutazione negativa sulla capacità genitoriale non può essere affatto tratta dall’orientamento sessuale, quindi questo è un dato molto importante. Due sentenze, la 33 la 32 del 2021, dal un lato dicono che non si possa formare in Italia un atto di nascita da due donne omosessuali oppure unite civilmente dall’altro lato dicono che non si possa trascrivere un atto legittimamente formato all’estero di nascita da surrogazione di maternità. Però dicono al legislatore che c’è una violazione intollerabile dei diritti del minore.
Nell’ordinamento è anche presente la possibilità di fare ricorso all’adozione in casi particolari, come l’alterazione e soppressione dello Stato civile o anche la sottrazione del minore al mantenimento, la violenza sessuale. La Corte costituzionale l’anno scorso è intervenuta riconoscendo la possibilità della formazione dei legami di parentela col consenso dei genitori biologici. Ci possono essere differenti tipologie di maternità surrogata. Ci può essere una volontarietà della donna di mettere a disposizione il proprio corpo senza che ci sia un profilo problematico di ordine sociale o economico e “questo è il grande dramma quindi favorire la libertà di autodeterminazione o valorizzare la tutela della dignità oggettiva della donna”. Si dà quindi risalto al valore della dignità soggettiva.
Genitorialità
De Cordova parla poi del concetto di materno e di violazione della dignità . “Quando parliamo di gestazione parliamo di un’esperienza umana che si colloca in un tempo storico che alcuni definiscono post genomica cioè dove c’è uno sviluppo delle tecnologie del corpo e che ci portano costantemente a ripensare dei confini che vuol dire anche ripensare delle identità delle soggettività.”
La psicologa crede che oggi uno dei nostri problemi sia che “non dedichiamo abbastanza spazio a pensare quello che ci accade, e al tempo stesso questo nostro momento storico è caratterizzato da una pervasività della monetizzazione degli aspetti della vita”. In questi fenomeni ovviamente ci sono persone che sono più al centro e persone più marginali ma comunque ci riguarda tutti. Questo porta a quello che gli studiosi chiamano una finanziarizzazione del mio capitale cioè delle nostre funzioni, della nostra stessa esistenza e in questo contesto; però il lavoro riproduttivo diventa un lavoro produttivo cioè la capacità riproduttiva è messa a valore su tante dimensioni.
Dentro queste dinamiche c’è tutto un discorso sulla genitorialità cosiddetta intensiva. Abbiamo anche una distanza esperienziale rispetto a questo fenomeno e la percezione è che la gestazione per altri sia qualcosa che riguarda profondamente principalmente le persone e le coppie omosessuali in particolare.
La professoressa fa alcune considerazioni su “che cosa vuol dire diventare genitore? Perché una delle questioni che sta dietro questa idea della dignità oggettiva è quella che si può diventare genitore o si può far crescere dentro di sé un essere umano e non diventare genitore”.
Che cosa vuol dire diventare genitore allora? La psicologa a questo riguardo ci dice che “la genitorialità è una funzione psichica è una funzione umana che parte dalla mente ma chiaramente poi ha a che fare con quello che sappiamo fare con quello che sappiamo dire come sappiamo essere”. Io posso avere delle parti di me che non sono proprio del tutto super efficienti dal punto di vista psicologico ma questo non significa automaticamente che la mia funzione genitoriale venga intaccata.
La psicologia non parla di maternità, di paternità, parla di genitorialità. “La funzione genitoriale è una funzione intersoggettiva. Abbiamo delle caratteristiche in quanto esseri umani. Ma è una funzione che si manifesta nella relazione. L’attaccamento è un sistema motivazionale dal punto di vista psicologico che emerge nella relazione”.
Veniamo al mondo con una predisposizione che possiamo chiamare biologica, ma è una predisposizione non ad essere genitori dei nostri figli, non un automatismo perché la funzione genitoriale è tale quando c’è un processo di adozione psichica, un processo mentale di capacità di pensare l’autorità e una capacità di assumere una posizione di responsabilità verso qualcuno che è più piccolo.
Un esempio attuale che si può fare riguarda il caso del bambino Enea. Pochi giorni fa De Cordova ha sentito un dibattito alla radio. Parlava la garante dei diritti dell’infanzia la quale insisteva sul fatto che Enea era in uno stato di abbandono. Noi non sappiamo cosa ci sia dietro questa scelta ma, dice la psicologa, “non è abbandono, perché c’è stata una cura nel donarlo. Deve però essere dichiarato in stato d’abbandono perché sennò non è adottabile”.
di Fabiola Veca
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