Divieto alla carne coltivata: l’ennesimo treno perso
La camera approva la legge che vieta la produzione e l’immissione sul mercato di cibi prodotti sinteticamente e chiude alla possibilità di poter essere tra i paesi pionieri di un’industria che tra meno di 20 anni varrà più di 400 miliardi di dollari.
La carne sintetica si ottiene come risultato di un processo di coltivazione svolto in laboratorio, usando delle cellule staminali estratte dagli animali senza attuare la pratica della macellazione.
La proliferazione di queste cellule avviene grazie ad un bioreattore che simula le condizioni fisiche dell’animale e, da una singola cellula, si possono estrarre migliaia di chili di carne. Per questo motivo che è improprio il termine “carne sintetica” dato che per sintetico si intende qualcosa di cui la sintesi avviene al di fuori di un organismo.
L’impatto ambientale della carne sintetica
È importante sottolineare la sostenibilità della produzione della carne in vitro, infatti, dal punto di vista ambientale la produzione alimentare è uno dei settori più inquinanti dovuto alle emissioni sia all’uso del suolo sia dell’acqua.
Oxford cita lo studio del Ce Delft, azienda che ha come missione quella di aiutare le ONG e le agenzie governative a realizzare cambiamenti strutturali, confermando come l’inquinamento rispetto alla produzione tradizionale si ridurrebbe di circa il 95% ma, allo stesso tempo, ammette che comunque l’utilizzo delle sostanze chimiche e gli ormoni utilizzati per le cellule iniziali hanno, se paragonati, un impatto ambientale minimo.
I produttori odierni confermano i dati e non solo, questo metodo produttivo eliminerebbe l’utilizzo di antibiotici che è uno dei grandi problemi del metodo di produzione odierno.
Per maggiori approfondimenti potete consultare il documento prodotto dal Ce Delft.
Come si sta evolvendo negli altri paesi
Il report Nomisma della IX conferenza economica di Cia-Agricoltori certifica investimenti già da più di 1 miliardo di dollari e, attualmente, l’Unione Europea finanzia progetti di ampio respiro come: lo studio sul microbioma per il sapore, un progetto che riguarda l’accettazione da parte dei consumatori di carne e frutti di mare coltivati e, infine, ricerche su come abbattere il costo di questo nuovo tipo di produzione.
Estremamente importante in questo campo sarà la relazione che verrà pubblicata in questi mesi da parte dell’EFSA: l’agenzia dell’Unione Europea preposta al controllo della sicurezza alimentare che nel mese di maggio ha avviato un colloquio scientifico riunendo più di 550 esperti e confrontandosi sulla biologia sintetica e la coltura cellulare.
Gli Stati Uniti d’America si dimostrano, come spesso accade, pionieri e apripista di un’industria che potrebbe valere fino a 400 miliardi di dollari nel 2040, infatti, esistono già diverse realtà imprenditoriali nel nuovo continente come, per esempio, Upside Foods e Good Meat specializzate nella realizzazione del pollo sintetico.
Fondamentale è stato il parere della Food and Drug Administration che ha dato prima l’ok ad una consultazione e, inseguito, ha dichiarato che non vi sono dubbi sulla sicurezza di questi alimenti.
Se sei curioso su queste realtà puoi consultare i siti di Upside foods e Good meat.
Attualmente anche in altre parti del mondo si hanno già delle best practice sulla produzione: un primo esempio che possiamo citare è la società Supermeat con sede in Israele specializzata nella realizzazione della carne di pollo in vitro. Il processo dell’estrazione delle cellule è il medesimo e queste vengono alimentate con l’utilizzo dell’acqua, proteine e carboidrati all’interno del fermentatore.
Un altro esempio è la nuova frontiera esplorata dalla start up inglese Primeval Foods che, con l’intento di cessare l’uccisione di animali, propone un menù “esotico” formato da hamburger di tigre, prosciutto di giraffa e sushi di zebra.
Incredibilmente anche nel bel paese vi è un esempio: una start up del trentino chiamata Bruno Cell con l’obbiettivo di esplorare le potenzialità delle biotecnologie sulla salute umana.
Il problema italiano
Se una parte del mondo sta andando verso una direzione il governo italiano, invece, si pronuncia contrario e anzi, vieta la produzione di alimenti derivati da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati; pena da 10 a circa 60 mila euro o, in alternativa, una multa del 10% del fatturato totale annuo.
Questo metodo innovativo di produzione potrebbe essere il futuro di questa industria non solo per il via libera dato dalla FDA, ma anche per i continui studi e investimenti da parte dell’Unione Europea.
Gli effetti di questo cambiamento toccano tante sfere: la sostenibilità economica ed ambientale, cambiamenti sul posto di lavoro con il conseguente abbattimento di occupazioni tradizionali in favore di nuovi e, infine, un cambiamento culturale da parte dei cittadini che sono i consumatori finali.
La situazione legislativa attuale in Italia non è per niente orientata allo studio del fenomeno e alla regolamentazione di esso, anzi, siamo quasi al proibizionismo.
L’Italia, chiudendo la porta alla carne in vitro, non solo non accede a ingenti investimenti ma attualmente sta perdendo terreno in campo economico e innovativo in uno dei settori che saranno determinanti nelle economie future dei paesi.
Di Andrea Tessicini
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