Suicidio assistito: delibera dell’Emilia-Romagna, è la prima regione in Italia

Le linee guida della regione chiariscono i tempi e le modalità con cui si potrà accedere al suicidio assistito. E' la prima regione italiana che definisce procedure e tempi certi. Ecco come funziona

La Corte Costituzionale lo aveva già sancito con una sentenza nel 2019 ma fino a questo momento nessuna legge nazionale o regionale era intervenuta a far sì che la legge sul suicidio assistito o SMA (suicidio medicalmente assistito) venisse resa fruibile attraverso un iter chiaro. L’Emilia-Romagna è stata la prima regione in Italia a fornire tempi certi tramite una delibera e delle linee guida a cui fare riferimento nel caso in cui si volesse ricorrere a questo strumento, fino ad ora esistente solo da un punto di vista formale, con richieste pendenti per periodi lunghi fino a due anni.

Una prima proposta di legge infatti era stata portata avanti in Veneto dall’associazione Luca Coscioni, che da anni si batte per una legge sul fine vita, e che ha dato vita a una campagna di raccolta firme per chiedere un referendum sull’eutanasia legale, grazie al quale sono state raccolte più di 200 mila firme deposte in cassazione. E’ il Veneto infatti la regione in cui è stato resa possibile a Gloria, nome di fantasia di una donna di 78 anni, di porre fine alla propria vita in quanto paziente oncologica.

Suicidio assistito: in cosa consiste e in cosa si differenzia rispetto all’eutanasia

La differenza fondamentale tra le due pratiche è la partecipazione del soggetto: il suicidio assistito prevede che sia la persona che ne fa richiesta ad autosomministrarsi il farmaco letale preparato dal personale medico, mentre nel caso dell’eutanasia sono i medici a somministrare il farmaco. Inoltre, attualmente l’eutanasia in Italia è illegale, nonostante l’impegno dell’associazione Luca Coscioni, mentre il suicidio assistito è stato reso legale dalla sentenza 242/2019 della Corte Istituzionale.

Questa sentenza ha individuato quattro requisiti da soddisfare per poter richiedere il suicidio assistito: l’essere affetto da una patologia irreversibile, una grave sofferenza fisica e psichica ritenuta intollerabile, la piena capacità di effettuare decisioni libere e consapevoli, e la condizione di dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.  

Il primo caso di suicidio medicalmente assistito in Italia avvenuto attraverso il SSN è stato quello di una donna di 55 anni resa nota col nome di fantasia Anna, per tutelarne la privacy. La donna, affetta da sclerosi multipla, ha ottenuto l’assistenza diretta del SSN per la fornitura del farmaco, secondo i limiti dell’autosomministrazione prevista dall’Ordinanza Cautelare, emessa dal Tribunale di Trieste nel luglio del 2023. Ma Anna non è stata l’unica persona a rivolgersi al SSN per cercare di ottenere il diritto al fine vita: nel 2022 avevamo raccontato la storia di Federico Carboni, tetraplegico da dodici anni, a cui questa possibilità era stata concessa dopo due anni, seppure a spese proprie e dell’Associazione Luca Coscioni. Fino ad ora sono state poche le richieste accettate dai Comitati etici regionali: sono quelle di Stefano Gheller, un vicentino cinquantenne malato di distrofia muscolare, e “Antonio” (nome di fantasia), marchigiano, divenuto tetraplegico in seguito a un incidente avvenuto nel 2014. Le altre richieste presentate alle regioni sono state rifiutate o sono in attesa di un riscontro da parte degli organi competenti. Sono molti gli italiani costretti a recarsi in Svizzera, l’unico paese europeo che concede l’accesso al suicidio assistito anche ai cittadini non residenti.

Come accedere al suicidio assistito in Emilia-Romagna

Una prima proposta di legge di iniziativa popolare era stata scritta dall’Associazione Luca Coscioni insieme al Comitato Liberi Subito, i quali avevano sviluppato una proposta di legge regionale che chiariva i tempi e le modalità con cui inoltrare la richiesta di accesso, presentandola al Consiglio regionale del Veneto, dove, nonostante il supporto del presidente della regione Luca Zaia, la proposta non era stata accolta. La proposta presentata prevedeva che le richieste venissero valutate da una apposita commissione entro 20 giorni, successivamente la valutazione avrebbe dovuto essere sottoposta a un Comitato etico territoriale, che avrebbe avuto altri cinque giorni per dare o meno il proprio assenso definitivo. Ciò su cui fanno leva le associazioni coinvolte è infatti l’individuazione di tempi certi, in quanto chi richiede il fine vita si trova in uno stato di sofferenza tale da non potersi permettere i tempi lunghi a cui questo vuoto legislativo li condanna.

Una delibera regionale era stata diffusa anche dalla regione Puglia, che individuava gli organi atti a intervenire, senza però chiarire i tempi entro cui farlo.

La delibera approvata dalla regione Emilia-Romagna individua dunque dei tempi specifici entro qui intervenire: dal momento in cui la domanda viene presentata dal paziente alla Direzione sanitaria di un’Azienda del SSR con allegata la documentazione sanitaria, la richiesta viene trasmessa alla Commissione di valutazione di area vasta entro tre giorni ed entro venti giorni vengono eseguite le visite mediche necessarie. A quel punto il Comitato regionale per l’etica nella clinica (Corec), un ente istituito dalla Giunta regionale, formula dei pareri obbligatori ma non vincolanti da inviare alla Commissione di Valutazione entro sette giorni, che redige una relazione conclusiva trasmessa entro cinque giorni al paziente e al Direttore sanitario dell’azienda ospedaliera nel caso in cui il paziente fosse ricoverato. L’azienda ospedaliera quindi individua il personale medico designato, il quale può esercitare l’obiezione di coscienza, rendendo possibile l’attuazione del SMA non oltre sette giorni dopo il ricevimento della relazione conclusiva della Commissione.

di Marta Montana

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