Etica e sperimentazione animale, facciamo chiarezza
“Il lavoro dell’OPBA e dei veterinari è comprendere le esigenze degli animali e farle capire a tutti”. Intervista al Professor Maurizio Dondi, Presidente dell’OPBA di Parma
L’uso degli animali nella sperimentazione scientifica è un tema spesso criticato dai non addetti al settore, anche se da molto tempo la legge e la ricerca si sono mosse per modificare l’approccio scientifico all’utilizzo degli animali, limitandone quanto possibile il coinvolgimento e lo stress. Con l’aumentare dell’interesse da parte dei cittadini verso il benessere animale, si sono aperte discussioni etiche che regolino questa pratica.
Il Professor Maurizio Dondi, docente di Medicina Legale, Legislazione e Protezione Animale, nonché Presidente dell’Organo Preposto al Benessere Animale presso l’Università di Parma, ha risposto ad alcune domande con il proposito di portare chiarezza su questo delicato tema.
Innanzitutto, va precisato il significato di ‘sperimentazione animale’. É infatti un termine ampio che racchiude include qualunque ricerca che coinvolga la partecipazione di uno o più animali, pratica diffusa sin dall’antichità. Essa comprende sia la sperimentazione pre-clinica che vede gli animali come modelli di malattia per produrre delle terapie indirizzate all’uomo, sia la sperimentazione clinica e farmacologica animale che è indirizzata a produrre cure rivolte agli animali stessi. Anche gli studi sul comportamento, sia in laboratorio che in natura, sono sperimentazione animale.
“Il concetto di vivisezione, nella pratica, non esiste più da molti anni. – risponde il Professor Dondi – Esiste la sperimentazione clinica e farmaceutica svolta dai veterinari o dai medici, ossia la raccolta di dati da parte dei casi trattati, che però non va confusa con la vivisezione. Si fa fatica a cancellare l’idea che ha il pubblico. Per fortuna oggi la sperimentazione animale propriamente detta è molto diversa, grazie agli OPBA. “
OPBA sta per Organo preposto al Benessere Animale
“É composto da diverse figure: il Presidente, che è responsabile del benessere animale, il veterinario designato, ed altri membri scelti per particolari competenze necessarie per la valutazione. L’OpBA può essere pubblico, come per le Università, e privato, per le aziende.” chiarisce il Professore.
L’OpBA controlla il benessere degli animali, “prima della fase sperimentale, durante e dopo”. Oltre che svolgere la funzione a priori di valutare l’eticità dei progetti di ricerca, prima che questi vengano sottoposti all’approvazione del Ministero della Sanità.
“OpBA controlla il benessere degli animali coinvolti, l’adeguatezza delle strutture e dei macchinari coinvolti, nonché la formazione del personale. Infatti, la sperimentazione animale è regolata dalla Direttiva n. 2010/63/UE, recepita con il Decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014, che prevede non solo il coinvolgimento dell’OPBA come organo di controllo, ma anche una serie di procedure, definite dalla legge, volte a proteggere gli animali, ridurre quanto possibile il loro coinvolgimento e pratiche che li provocano dolore e stress.”
Con la normativa del 2014 si avanza verso un approccio più integrato
“È stata una rivoluzione, in meglio. È cambiato tutto. La mole di adempimenti che il ricercatore o l’ente, come l’Ateneo universitario o l’azienda privata, devono sopportare è tantissima. – dice il Presidente OpBA di Parma – Ci sono oneri a carico di chi fa sperimentazione, non dello Stato. È aumentata la complessità dei meccanismi, delle procedure, dei controlli. Non c’è nulla che non sia stato normato e standardizzato. Tutto ciò porta a un aumento dei costi in generale: una struttura privata, per esempio, deve avere almeno sei o sette figure facenti parte dell’OPBA, che ricoprono professionalmente tale funzione. In Università tale compito viene svolto da figure di riferimento come professori, ricercatori, veterinari e personale tecnico specializzato. Tutte le figure professionali coinvolte devono avere una formazione specifica, decisa dalla Legge e controllata dall’OpBA”.
“Dopo il Decreto infatti, quando è stata standardizzata anche la formazione degli operatori, molte cose sono dovute cambiare per rientrare nella norma. “ aggiunge il professore.
La ‘Regola delle tre R’ e i passi avanti verso l’etica animale
“Grazie ai cambiamenti culturali nella consapevolezza dello status degli animali, si sta verificando da tempo l’insorgere di protocolli legislativi che tengono in ampia considerazione il benessere degli animali, e cercano di monitorarne il coinvolgimento sperimentale per ridurre i danni su di essi.”
Ciò che ha generato la svolta maggiore nell’etica in questo contesto è stata la ‘Regola delle tre R’. Nel 1959, due ricercatori inglesi, Rex Burch e William Russell, furono i primi a contestualizzare l’utilizzo consapevole dei modelli animali nella ricerca, cercando di portare un equilibro fra necessità scientifica e rispetto per gli animali. Le tre “R” stanno per: replacement (rimpiazzo), refinement (raffinamento), reduction (riduzione). I principi della regola sono tre: rimpiazzare i modelli animali con tecniche alternative scientificamente valide (siano modelli tridimensionali, esseri umani o specie differenti) ogni qualvolta sia possibile farlo, talvolta il rimpiazzo consiste nell’eliminare totalmente questa fase; raffinare le condizioni sperimentali e di stabulazione degli animali coinvolti. In questo modo da diminuire la sofferenza e migliorare la qualità della vita; ridurre al minimo il numero degli animali utilizzati, nonché coordinare standard internazionali ed extra-sperimentali per evitare la ripetizione di protocolli fra diversi Paesi che coinvolgerebbero ulteriori individui.
“Il principio delle tre R viene applicato costantemente in ogni tipo di progetto, prima, dopo e durante di esso” chiarisce Dondi.
La riduzione degli animali non è sempre possibile
“ Le aziende private che producono farmaci devono per legge fare dei passaggi di controllo del farmaco sugli animali prima della messa in commercio di un nuovo lotto, ma ciò non è sperimentazione a fini di ricerca, è ambito regolatorio. È dunque necessaria una nuova specificazione: gli animali utilizzati negli enti di ricerca e nelle Università sono potuti diminuire di numero e diminuiscono ogni volta che è possibile farlo; quelli utilizzati per la valutazione non possono diminuire. Il loro coinvolgimento viene comunque controllato da OPBA privati, e le leggi a cui devono sottostare sono le stesse. “
Quando un progetto di ricerca non viene approvato
“ Un progetto può essere bloccato per diversi motivi: se non porta nessuna novità, o se è già stato fatto. Non si coinvolgono gli animali senza nessuna ragione. Se non c’è una necessità particolare e giustificata, il progetto non passa. Deve essere rispettata anche l’eticità dell’impiego dei fondi pubblici. L’utilizzo degli animali all’approvazione ministeriale deve essere giustificato, necessario ed accettabile. Posto poi che sia un progetto valido, bisogna chiedersi quanti animali bisogna utilizzare? Serve conoscere il numero giusto per rendere lo studio significativo (che non siano troppo pochi) ma senza inutili coinvolgimenti (che non siano troppi). Allora entra in gioco la valutazione statistica fatta da esperti. Si entra nel merito di ogni fase sperimentale per valutarne ogni aspetto. Questo è il primo filtro di valutazione.
In seguito, i progetti modificati e accettati vengono inviati al Ministero, dove segue una ulteriore valutazione. Ogni passaggio di questo iter è super definito, anche a livello di tempistiche: ci sono dei tempi standard da rispettare che servono per l’attuazione di ogni fase del controllo. La procedura è totalmente trasparente. Esistono le banche dati in rete, visibili a chiunque. Ciò che non viene riportato pubblicamente sono informazioni legate a conflitti di interesse di tipo economico, brevetti, dati di natura privata ed intellettuale. I dati relativi agli animali utilizzati invece sono tutti disponibili pubblicamente. “
Sperimentazione animale e l’opinione della società
C’è da chiedersi se le legislazioni in materia vengano influenzato dal pubblico, da gruppi animalisti e da chi ha opinioni forti e differenti. E se esse siano in linea con le necessità della ricerca scientifica o risentano di un’influenza ideologica dominante.
“ La giurisprudenza Europea ed Italiana ha fatto proprie delle istanze sociali che tendono verso una direzione. Che è quella, anche accettabile da parte nostra, dell’eliminazione dell’attività sperimentale con gli animali. – risponde il professore – Tuttavia, personalmente ritengo che la ricerca medica è una progressione della conoscenza relativamente a nuove cure per le gravi malattie dell’uomo, ed è ed è difficile oggi farla senza coinvolgere gli animali. Essi sono ancora indispensabili, ed eliminarne il coinvolgimento non porterebbe loro un vantaggio netto. Infatti, se non utilizzati in Europa per scopi di ricerca, potrebbero essere utilizzati in altre parti del Mondo, magari dove le legislazioni non sono così attente al loro benessere e sono manchevole degli stessi standard di controllo, come invece avviene qui. “
Il ruolo fondamentale del veterinario
“ Gli animali non subiscono mai violenza o dolore. Se le procedure prevedono dolore, esse vengono svolte sempre sotto anestesia. – spiega il docente – Non è previsto che gli animali soffrano, non è eticamente accettabile. E’ ovvio che il concetto di sofferenza supera quello del dolore, poiché riguarda la sfera psicologica degli animali. E’ qui che entrano in gioco i veterinari. All’interno di questa organizzazione, i veterinari sono importanti, poiché sono loro che hanno le competenze per essere mediatori nelle tensioni fra ideologie contrapposte, animalisti, estremismi di sorta e cause di necessità. Il veterinario è l’unica figura professionale che può dire qualcosa sulla sofferenza degli animali, poiché ha la competenza giusta, la sa riconoscere e sa che cosa fare e in quale momento.”
“Il lavoro dell’OpBA e dei veterinari è comprendere le esigenze degli animali e farle capire a tutti, a chi si oppone alla sperimentazione animale e a chi la pratica, riconoscendo le opinioni divergenti. Spesso le cose non sono conciliabili. Esistono persone che gli animali non vogliono usarli in alcun modo, né mangiarli, e persone completamente opposte a ciò. Inoltre, di solito chi si oppone alla pratica spesso non considera l’animale nella sua completezza. C’è tendenza all’antropomorfizzazione dei sentimenti degli animali e della loro psicologia, che non ha nulla a che vedere con l’animale stesso. Chi riesce davvero a capirli è il veterinario, come ho detto. Ed è sempre questa figura che può scegliere, nei casi dove occorre, di porre fine alla vita dell’animale, per motivi umanitari (eutanasia, cessazione della sofferenza). E’ lui che si assume la responsabilità morale ed etica di dire che un animale ha raggiunto una condizione di sofferenza tale che non è più compatibile con la vita. La situazione è quindi molto delicata, dal punto di vista etico. “
Sugli studi fatali per gli animali
“ Sono presenti delle ricerche dove sono previste procedure di non-risveglio per l’animale, come in casi in cui bisogna eseguire dei controlli su organi vitali. Ma la morte dell’animale non deve mai essere conseguenza della procedura sperimentale. Cioè, la procedura non è mai causa della morte dell’animale. – chiarisce il professore – L’animale può essere soppresso, ma mai morire per la “crudeltà del trattamento”. Questo non capita mai, non è possibile. La morte dell’animale, non cosciente, viene eseguita dal veterinario per eutanasia, in situazioni controllate dove il grado di probabile sofferenza dell’animale stesso viene sempre controllato dall’anestesista. Questa è una condizione che sta alla base di tutta la nostra attività. Questi controlli vengono fatti anche al di fuori del progetto sperimentale: gli animali da laboratorio sono ricoverati in condizioni ambientali estremamente controllate in ogni parametro (temperatura, umidità, ecc.). Se capita che un animale si ammali gravemente nello stabulatorio, anche per motivi indipendenti dalle procedure progettuali, oppure se le sue condizioni al risveglio dopo una fase sperimentale sono tali da non garantirgli una qualità di vita adeguata per quella specie, allora il veterinario può considerare la decisione di praticare l’eutanasia sull’animale al fine di non farlo soffrire. “
La possibilità di un futuro senza animali nella sperimentazione
“ Questo è un argomento estremamente dibattuto. Con sufficienti avanzamenti della tecnologia, dell’IA, dell’informatica si arriverà ad un completo abbandono di queste pratiche. E quando ci arriveremo, si penserà a quanto esse siano state obsolete. Al momento siamo ancora lontani. – spiega Dondi – Molte organizzazioni hanno già speso miliardi di euro per la possibilità di sostituire gli animali con altri modelli, ma poche ci sono riuscite. Nell’ambito della cosmesi ce l’hanno fatta, grazie alla pelle artificiale. “
Infatti, il principale punto a sfavore della totale cessazione alla sperimentazione animale è l’integrità del suo modello. Molti studi infatti necessitano di valutare effetti che si manifestano non su un singolo organo o apparato, ma sul sistema intero e su come le diverse componenti si regolano tra loro in risposta alla procedura sperimentata. Oppure, per esempio, laddove un farmaco diretto a uno specifico organo presenti effetti collaterali su un diverso apparato. Queste situazioni sono difficilmente riscontrabili in modelli alternativi come organi artificiali o colture cellulari. Per esempio, esistono modelli murini di malattie gravi, anche genetiche, che permettono lo studio di terapie sempre più mirate e customizzate sul singolo paziente. E questo non può essere fatto ancora con modelli sostitutivi. In generale, la ricerca di base sul modello animale fornisce interessanti informazioni per la sperimentazione applicata in diversi ambiti. Per questo il modello animale è ancora superiore a qualunque simulazione.
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