Sappiamo veramente cosa sono i prodotti tradizionali?

Ma siamo sicuri di sapere davvero cosa siano un prodotto tipico e un prodotto tradizionale? Quanto affermato dal professor Grandi potrebbe essere davvero una minaccia per la cultura culinaria italiana? Per trovare una risposta a queste domande, abbiamo intervistato Marco Furmenti, membro dell’Associazione Gastronomi Professionisti.

Qualche settimana fa, il professor Alberto Grandi, docente di storia del cibo nell’Università di Parma, ha affermato che il parmigiano reggiano prodotto nel Wisconsin sarebbe più simile a quello prodotto originariamente qui in Italia. Questo ha portato alla nascita di alcune polemiche da parte di persone preoccupate per la sorte della cucina italiana e dello stesso parmigiano reggiano, ritenendo questa affermazione una sorta di pericolo per la nostra tradizione.

Ma siamo sicuri di sapere davvero cosa siano un prodotto tipico e un prodotto tradizionale? Quanto affermato dal professor Grandi potrebbe essere davvero una minaccia per la cultura culinaria italiana?

Per trovare una risposta a queste domande, abbiamo intervistato Marco Furmenti, membro dell’Associazione Gastronomi Professionisti.

PRODOTTI TIPICI E TRADIZIONALI

fonte: pixabay.com

Possiamo definire prodotto tipico un prodotto realizzato in un territorio per un certo numero di anni, grazie alle condizioni territoriali e climatiche. “Per esempio, negli ultimi anni, grazie agli sviluppi tecnologici alle ricerche agronomiche e in parte ai cambiamenti climatici, si sono iniziati a coltivare in Sicilia l’avocado, il mango o la papaia, che non c’entrerebbero nulla con la nostra cultura, ma che tra qualche anno, se si continueranno a coltivare, si potrà dire che sono prodotti tipici di quella zona” spiega Marco Furmenti. Mentre perché poi quel prodotto diventi anche tradizionale ci vorrà solo più tempo. “Tra 50-70 anni potremmo dire che l’avocado è un prodotto tradizionale della Sicilia perché sarà passato quasi un secolo da quando si è iniziato a coltivare in quella zona e la cultura gastronomica del luogo l’avrà assimilato appieno nei propri usi quotidiani”.

Facendo riferimento ai prodotti tradizionali, è importante osservare l’importanza che riveste il fattore culturale. “Ci sono prodotti che per necessità sono più trasformati di altri e questa trasformazione è strettamente legata alla cultura di un posto. Per esempio, il Parmigiano Reggiano dal punto di vista tecnologico non è molto diverso rispetto ad altri formaggi. È poi la cultura che consente di trasformare quel prodotto in un certo modo, che lo rende in qualche modo unico rispetto a prodotti della stessa categoria”.

Il rischio per un prodotto tradizionale è poi di non durare nel tempo. “Ci sono dei produttori che non vogliono modificare i loro prodotti per rimanere fedeli alla ricetta originaria, e così rischiano di scomparire, ma non perché quei prodotti non siano più validi, ma perché ovviamente cambiano i consumi delle persone.” ci viene spiegato. “Il protettore della tradizione è chi cura un prodotto e cerca di farlo sopravvivere, facendolo evolvere, in base delle esigenze del nuovo mercato”. Per questo non è per nulla una minaccia per la cultura culinaria italiana quanto affermato dal professor Grandi in merito al parmigiano del Wisconsin. “Cultura significa anche riuscire a cambiare secondo una diversa linea di evoluzione. Quindi se lo stesso prodotto tradizionale viene portato in due Stati e viene lasciato evolvere, lo farà in maniera diversa, proprio perché la cultura non è la stessa.”

Marchi di qualità sui prodotti

Per certificare la qualità di questi prodotti sono importanti i marchi di qualità, che assicurano che quei prodotti vengono controllati e certificati. “Spesso però ci sono dei problemi, perché alcuni certificano solo il processo di produzione o la qualità della materia prima: per questo, ci sono delle disciplinari fatti molto bene e altri non altrettanto buoni”.

Un altro problema è costituito dal fatto che di marchi di qualità ce ne sono molti e si rischia, soprattutto se non si approfondisce, di fare confusione. Tra l’altro, non di rado, presentano delle falle a livello concettuale, “basti pensare che uno dei prodotti più legati alla tradizione bolognese, come la mortadella di Bologna igp può essere prodotta anche in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Marche e Lazio. Il disciplinare del parmigiano reggiano DOP invece viene messo a punto frequentemente ed è molto restrittivo. Per questo, secondo me, non ci sono marchi che danno più certezze di altri, se non magari le stesse DOP; io direi piuttosto che servirebbe molto di più lavorare su questi marchi per migliorarli e renderli più restrittivi in modo da caratterizzare al massimo una produzione. Il problema è che dovrebbero occuparsene i produttori; la comunità europea si occupa solo di controllare che il prodotto venga realizzato secondo il disciplinare realizzato dai produttori stessi.”

di Nicola Sabatelli

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