Sostenibilità e futuro: il diritto di lasciare il segno. Gustavo Zagrebelsky al Festival dello Sviluppo Sostenibile di Parma
L'ex presidente della Corte Costituzionale e il professore Antonio D'Aloia spiegano dialogano al Festival dello Sviluppo sostenibile sull'importanza del presente per cambiare il futuro
Quando il futuro diventa una sfida per il diritto e per l’etica del tempo corrente prende piede una riflessione che va ben oltre le banali campagne di sensibilizzazione alla raccolta differenziata e alla riduzione dell’uso dell’automobile. Ci sono poi momenti appositamente dedicati a questa riflessione, come il Festival dello Sviluppo Sostenibile a Parma, un programma di eventi che ha come tema appunto la sostenibilità. Il Festival si è aperto il primo ottobre, con l’evento di apertura seguito nella stessa giornata dalla conferenza intitolata L’emergenza del futuro. Una sfida per l’etica e per il diritto tenuta presso il Palazzo del Governatore in Piazza Garibaldi a Parma.
I protagonisti del dibattito sono stati il presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky e il professore dell’Università di Parma e direttore del Centro universitario di Bioetica, Antonio D’Aloia.
Emergenza futuro!
“Adesso stiamo parlando di futuro in modo diverso: il futuro non è più una dimensione solo da costruire, da plasmare attraverso gli strumenti del diritto ma è addirittura una dimensione da proteggere, da rendere possibile” introduce così al dialogo il professor D’Aloia, citando a seguire un passo ripreso dal volume dell’Ecclesiaste che dice: “Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà. Non c’è niente di nuovo sotto il sole”. La citazione si contrappone al pensiero dello storico John McNeill secondo il quale, invece, qualcosa di nuovo c’è, ma è qualcosa di negativo e preoccupante.
Ecco allora che si apre il dibattito sulla tematica del cambiamento climatico portato dall’uomo e da qui la riflessione etica e giuridica di rendere il futuro possibile. Si parla anche di geoetica, “un’azione umana che sia responsabile nei confronti della Terra e che abbia la capacità di orientare la comunità internazionale verso la risoluzione condivisa delle grandi sfide ambientali” perchè il cambiamento non è più solo quello del clima, ma un cambiamento generale dell’esistenza come l’abbiamo sempre conosciuto e che porta ad un nuovo problema: non più quello di tutelare le generazioni future, ma come farlo con fatti e azioni concrete.
Il presidente emerito Zagrebelsky in prima istanza si concentra sul tema dell’emergenza ambientale causata dall’intervento dell’uomo. In particolare dimostra attraverso il primo stasimo della tragedia di Sofocle, l’ Antigone, come questo problema non sia nato recentemente ma sia da sempre esisto. L’essere umano, infatti, “da quando ha elaborato le tecnologie non ha fatto altro che apportare delle violenze alla terra” trasformandola “in maniera tale che i suoi equilibri non reggono più da soli”.
Continuando sempre su questo filone Zagrebelsky si focalizza poi sul capitolo del libro di Jared Diamond Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere dedicato alla storia dell’Isola di Pasqua. In questo capitolo risulta evidente l’intervento devastante dell’uomo. Ciò che si trovarono di fronte gli europei, dopo il loro approdo nel 700′ sull’isola polinesiana, è una natura povera e brulla dalla quale emergono enormi statue di pietra. Ciò che ha causato questo contrasto, spiega il presidente emerito, è stato “il desiderio di supremazia“. Questa volontà, che ha portato alla realizzazione di imponenti monumenti ha comportato anche un enorme dispendio delle risorse di quella che una volta era una terra rigogliosa, tanto che, una volta finito il cibo, gli abitanti di quella terra iniziarono a mangiarsi tra loro. In conclusione, quando ormai tutte le risorse dell’isola terminarono, la popolazione rimante decise di trasferirsi nelle altre isole della Polinesia. Zagrebelsky sottolinea l’importanza di questo capitolo in quanto ci dà la “chiave per prendere consapevolezza dei problemi che abbiamo”, e prendere finalmente in mano la situazione, poiché a differenza del racconto noi “non abbiamo isole della Polinesia in cui rifugiarci, la terra che abbiamo è solo questa”.
Diritti e doveri
Queste tematiche sono diventate negli anni qualcosa di integrale rispetto al nostro stile di vita e di regolamentazione sociale. Il professor D’Aloia ricorda i primi passi in questa direzione: “Negli ultimi 25/30 anni la parola sostenibilità, che era sconosciuta al linguaggio costituzionale e giuridico prima del Rapporto Bruntland 1987 (dove nasce l’idea che bisogna proteggere i diritti delle generazioni future), entra in 54 costituzioni su 193 Paesi. Si ipotizza poi la necessità di integrare il contratto sociale con un contratto naturale, cioè una nuova forma di rispetto e rapporto reciproco con la natura”. Vediamo tuttavia che la macchina costituzionale si è già mossa, e lo fa sempre di più, verso il green: che sia per moda o perchè un valore a cui si crede e ci si appella fermamente, la sostenibilità è oggi per molte più persone un vero e proprio stile di vita. Nonostante questo, il Festival e tutta la tematica che gli dà vita sono problematicità fisse del nostro mondo.
“La democrazia vive quello che il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiamato la trappola dell’eterno presente, fondata sui sondaggi e sulle opinioni dell’elettorato che costringono chi fa politica a restare sugli interessi contingenti. La vera difficoltà è come tradurre questa nuova consapevolezza dal piano costituzionale a quello del comportamento.“Su queste basi poggia l’emergenza che interessa la nostra società ogni giorno. Cioè quella di costruire i doveri delle generazioni presenti per garantire a quelle future di avere dei diritti”.
Diritto alle generazioni future
Dopo un breve preambolo sul significato di diritti e doveri, Zagrablesky si sofferma sull’espressione “diritto alle generazioni future“. Da un punto di vista giuridico, quesa espressione risulta un paradosso poiché , essendo future, non possono vantare alcuna pretesa e noi non possiamo sapere quali saranno i loro desideri. Da questo punto di vista sarebbe più sensato parlare di doveri verso le generazioni future. Questa benevolenza nei confronti di chi ci sarà, continua Zagrebelsky, è prima di tutto un atteggiamento morale e “bisogna far crescere questo sentimento”. Negli ultimi tempi, spiega il presidente emerito, questo tema ha assunto sempre piu rilevanza e “si comincia a parlare di una dichiarazione universale dei doveri verso l’umanità“, riscoprendo la categoria dei doveri, non verso lo Stato, come nel secolo scorso, ma verso noi stessi. Zagrebelsky mette al centro l’individuo parlando anche di diritto al segno, intendendo il diritto che ognuno ha di lasciare un piccolo segno di sé sulla terra. Quella che noi chiamiamo umanità è il “deposito di tutti i miliardi di miliardi di segni che noi abbiamo depositato”. Questo deve farci rendere conto del potere che noi abbiamo per costruire la società, preoccupandoci prima di tutto di chi ci sta attorno.
All’interno del macro argomento della sostenibilità l’attore principale delle sorti del proprio destino e di quello della propria casa è come sempre l’uomo. Come spesso accade però gli uomini si incolpano gli uni con gli altri creando conflitti tutto tranne che costruttivi, e così ci si ritrova a fronteggiare uno scontro generazionale in cui i giovani incolpano i vecchi di aver bruciato il loro futuro; e viceversa di non saperlo saperlo costruire. “In qualunque momento della storia le generazioni convivono: in qualsiasi momento abbiamo i giovani, gli anziani, i bambini e questo dovrebbe essere un’abitudine al pensiero intergenerazionale perchè la vita non è fatta di coetanei” commenta D’Aloia, ed è proprio alla luce di questa consapevolezza che dovremmo spostare il discorso della sostenibilità da un piano intergenerazionale a un piano intragenerazionale: stiamo già vivendo questa situazione di emergenza e ci riguarda tutti nel presente, non è più un’ombra del futuro. I diritti ecologici sui cui tanto ci spendiamo sono diritti che hanno come caratteristica intrinseca quella di essere una richiesta di attenzione verso coloro che un giorno li eserciteranno: “Diritti e doveri non sono elementi che si contrappongono, ma sono materiali che servono, insieme, a definire un’idea di responsabilità costituzionale.”
Per affrontare questo problema bisogna prima di tutto prenderne atto e a partire da questa idea la sostenibilità dovrebbe “diventare lo spunto per una teoria costituzionale del ventunesimo secolo” conclude il professor D’Aiola che invita sopratutto i giovani a non abituarsi mai al cambiamento, spronandoli a prendere in mano la situazione per cambiare loro stessi il futuro.
di Camilla Ardissone e Anna Barbieri
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