Depressione in Italia: un problema che colpisce sempre più i giovani
La depressione è ormai molto diffusa nei giovani, soprattutto dopo la pandemia. Nonostante la promozione del bonus psicologico, la strada da percorrere è ancora lunga
La depressione è un fenomeno che sta colpendo molti italiani, soprattutto i più giovani. Secondo Sinpf, Società di Neuropsicofarmacologia, attraverso uno studio del 2022, ha mostrato come un minore su quattro abbia dei sintomi depressivi, e uno su cinque sia affetto da disturbi d’ansia. La Sinpia, Società italiana di Neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza, ha sottolineato come negli ultimi dieci anni, ansia e depressione siano aumentate tra i ragazzi. Inoltre, nel 2021 secondo lo studio Espad (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs) del Cnr, è stato constatato come l’uso di psicofarmaci non prescritti sia aumentato, superando il 6% fra i ragazzi tra 15 e 19 anni.
Un peggioramento dovuto alla pandemia?
In Italia, durante i mesi di Covid, i casi di depressione hanno subito un aumento, riscontrandoli nel 16,5% della popolazione italiana, salendo al 34,7% fra i più giovani. Come hanno spiegato Claudio Mencacci e Matteo Balestrieri, co-presidenti Sinpf, “nove milioni di adolescenti durante la pandemia hanno sperimentato cambiamenti sostanziali negli ambienti di vita, nella routine quotidiana e nelle reti educative e sociali che normalmente favoriscono la promozione della salute e la resilienza agli eventi traumatic”. Inoltre, aggiungono che “servono nuove unità di cura per la fascia 14-24 anni, che tengano insieme più figure come il neuropsichiatra, lo psichiatra, i servizi delle dipendenze e i pediatri di famiglia”.
Un’indagine condotta dalla Health behaviour in school-aged children a partire da un campione di 11, 13 e 15enni, coordinata dall’Iss, Istituto superiore di sanità, ha mostrato come “la pandemia ha impattato sui ragazzi in senso positivo per quanto riguarda le relazioni familiari, anche se il dato di benessere decresce con l’età”, spiega così Paola Nardone dell’Iss. Rosanna Irene Comoretto, appartenente al dipartimento di Scienze della sanità pubblica e pediatriche dell’Università di Torino, avrebbe rivelato come “solo poco più del 50% delle 11enni riferisce un buon livello di benessere psicologico, una percentuale che scende drasticamente con l’età: a 15 anni è del 32%, una su tre”.
Un’altra ricerca basata su quarantadue pazienti Covid-19 ricoverati presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha dimostrato come questi pazienti presentino livelli di infiammazione sistemica più alti, soffrendo maggiormente di depressione e di sindrome da stress post-traumatico nei mesi successivi alla guarigione. Lo studio è stato pubblicato su Brain, Behaviour, & Immunity – Health, ed è stato firmato dal gruppo di ricerca in Psichiatria e Psicobiologia Clinica del San Raffaele, diretto da Francesco Benedetti, medico psichiatra e professore presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. I quarantadue pazienti sono stati ricoverati presso l’Ospedale San Raffaele per polmonite Covid-19 durante la seconda ondata della pandemia dell’autunno del 2020, monitorati per i tre mesi successivi. L’età media dei pazienti è 54 anni, e nessuno di loro aveva mai sofferto di depressione o di disturbo da stress post-traumatico prima di quel momento, una condizione persistente nei tre mesi successivi.
Il bonus psicologico non sembra essere sufficiente: possibili soluzioni?
Il tema della salute mentale e è sempre stato un argomento molto delicato da affrontare. Il Governo, durante l’approvazione della Legge di Bilancio 2023, ha deciso di confermare il bonus psicologico già in vigore lo scorso anno, con alcune novità. Come è stato già detto, il tema della salute mentale si è intensificato soprattutto a causa della pandemia, a tal punto da parlare di un contributo economico nel 2021, a favore di coloro che hanno bisogno di sottoporsi a delle sedute di psicoterapia non potendo però accedervi. Questo contributo è stato chiamato appunto “bonus psicologico”. Nel 2022 l’investimento in tale campo è stato di 25 milioni di euro, cifra ancora bassa al fine di far fronte alle oltre 330 mila richieste giunte al sito dell’Inps. Nel 2023 il finanziamento sarà di 5 milioni, per il 2024 si è pensato a 8 milioni (vedi qui).
Il bonus psicologico è stato pensato per aiutare il maggior numero di persone, sebbene solo una persona su nove ne potrà usufruire. Nasce spontaneo chiedersi, se il problema sia dovuto a una mancanza di soldi, di fronte a un numero di richieste molto elevato, o se sia lo Stato a non aver capito ancora l’importanza e l’urgenza di agire, sottovalutando questo argomento. Di conseguenza, molte persone non potranno essere supportate economicamente tramite il bonus nel loro percorso terapeutico, nonostante i sintomi che li accompagnano come ansia, stress e fragilità emotiva.
Per fortuna un nuovo piano d’intervento per la tutela della salute mentale e il disagio psichico è stato progettato dalla Regione Lazio, chiamato “AiutaMente Giovani” che prevede voucher per l’assistenza psicologica per le famiglie con basso reddito, aumentando i portelli d’ascolto per il supporto presso le scuole. Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, ha mostrato il piano da 10,9 milioni di euro, ricordando come “non possiamo oscurare il fatto che la pandemia oltre al problema sanitario causato dal virus, ha lasciato in molte persone, soprattutto nelle nuove generazioni, danni psicologici enormi”. Camilla Volante, coordinatrice regionale della Rete, sottolinea come “un grande passo avanti per i e le giovani, è finalmente il riconoscimento da parte della politica che la salute mentale è un grande problema per la nostra generazione e non solo […] adesso speriamo che a livello nazionale si prendano provvedimenti simili”. Un piano d’intervento che si vorrebbe attuare nel periodo 2022-2025, e che prevede un minimo di 120 ore annue fino a un massimo di 240 ore. Un voucher per l’accesso alle cure è garantito alle famiglie il cui ISEE non supera i 40 mila euro. I voucher sono finanziati da 2,5 milioni di euro, mentre sono stati resi disponibili 6,4 milioni di euro per il rafforzamento dei servizi territoriali per la salute mentale.
Anche Fedez, noto cantante, avrebbe denunciato l’aumento del consumo di psicofarmaci contro la depressione tra i giovani, sebbene lui stesso ne abbia fatto uso nell’ultimo periodo. Mencacci ha ricordato come tale assunzione abbia registrato un aumento del 15-20%, soprattutto dopo la pandemia, e come vengano utilizzati impropriamente. Balestrieri avrebbe detto che “gli psicofarmaci sono medicinali importanti che vanno assunti quando ci sono le indicazioni appropriate in base alle Linee guida scientifiche, quindi su prescrizione medica”. Sempre Mencacci chiarisce come “alcuni medicinali che possono essere utilizzati per il trattamento dell’ansia o della depressione o dei disturbi dell’umore possono, in alcuni casi, dar luogo a un’emergenza da ‘sindrome da sospensione’, provocando sintomi più o meno intensi a seconda delle diverse molecole”. Ciò significa che le cure non devono mai essere interrotte bruscamente, ma ridurre in modo progressivo il trattamento, ciò che non ha fatto Fedez, ritrovandosi coinvolto nell’effetto rebound (fenomeno di rimbalzo che definisce la ricomparsa di sintomi psichiatrici a causa di una brusca interruzione del trattamento).
di Patricia Iori
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