Emergenza e ripartenza: le imprese del parmense e le loro storie

VIAGGIO TRA LE AZIENDE MUTTI, CASAPPA, BIRRIFICIO FARNESE E FEMM. OGNUNA DI LORO HA AFFRONTATO IL COVID IN MODO DIVERSO, OGNUNA HA UNA STORIA DA RACCONTARE

L’emergenza scoppiata con il Covid-19 non ha avuto solo forte impatto sulla sanità e la vita privata. Il lockdown, cioè il blocco delle attività, ha causato una devastante ritorsione sul business e l’economia italiana. Moltissime le imprese costrette a chiudere, a mandare i propri dipendenti in cassa integrazione. Ma anche chi ha continuato a lavorare, perché il suo codice Adeco glielo permetteva, non ha affrontato un periodo facile. 

Tre mesi sono lunghi, lunghissimi per l’economia di un Paese in stallo. Secondo i dati Istat, tra il 9 marzo e il 4 maggio il 45% delle imprese ha sospeso l’attività. Oltre la metà delle imprese prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020.Il 38% segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 42,8% ha richiesto il sostegno per liquidità e credito. Oltre il 70% ha avuto una riduzione del fatturato. Nel 41,4% dei casi il fatturato si è più che dimezzato. E non si ha il coraggio di immaginare come sarebbe il bilancio a fine anno se in autunno dovesse ripresentarsi un picco epidemiologico. 

Ma come ha reagito il tessuto imprenditoriale del parmense? Parma, che si vanta del titolo Food Valley, ha la fortuna di basare la sua economia su un settore di prima necessità, l’alimentare, e vedere un ricco corollario di attività a sostegno di questo settore. 

A raccontarci come si è affrontato il lockdown e come si sta “ripartendo” ci sono tre imprenditori e lo staff del colosso delle conserve Mutti Spa di Montechiarugolo. Ci facciamo accompagnare da Filippo Casappa, della Casappa Spa a Collecchio che vede una importantissima attività di export all’estero e una sede a Shanghai; da Massimiliano Grassi, co-fondatore del Birrificio Farnese a Fontevivo, tra i migliori produttori italiani di birra artigianale e riconosciuto dalla condotta Slow Food di Parma; da Cesare Passeri, responsabile dello stabilimento di Sorbolo della Femm, che ha convertito parte della produzione realizzando mascherine; da Franco Dameno, responsabile di produzione, e da Vincenzo Tanzi, direttore di stabilimento, di Mutti Spa.

MUTTI SPA, COLOSSO DELLE CONSERVE CON SEDE A MONTECHIARUGOLO

mutti foto sandro capatti

Fondata nel 1899 a Basilicanova, la Mutti Spa non ha mai smesso di lavorare un giorno nonostante lo scoppio dell’epidemia da Covid-19. Scorrono sui nastri centinaia di bottiglie e buste di salsa di pomodoro al minuto. E gli standard igienici non sono cambiati per l’emergenza sanitaria, perché già alti nel settore alimentare.

“Non ci sono stati contraccolpi per la produzione, né picchi né cali. L’unica cosa che abbiamo cambiato è stata la forma del prodotto. Visto il cambio del consumo, con ristoranti e locali chiusi, abbiamo preparato più bottiglie piccole rispetto a prima” spiega il direttore Tanzi.

mutti foto sandro capatti

Il sindaco di Montechiarugolo Daniele Friggeri, in visita allo stabilimento, parla con Franco Dameno, responsabile di produzione, e da Vincenzo Tanzi, direttore di stabilimento.

mutti foto sandro capatti

Il colosso delle conserve ha un alto tasso di giovani e soprattutto di donne tra i dipendenti, anche con importanti cariche di responsabilità. In totale 300-400 dipendenti e sono stati assunti tanti neolaureati.  

mutti foto sandro capatti

“Già prima del Decreto che ha imposto il lockdown avevamo iniziato a provare la temperatura ai nostri dipendenti. Non abbiamo avuto nessun caso qui – racconta Dameno – Nessun licenziamento, nessuna cassa integrazione, i dipendenti negli uffici hanno lavorato in smartworking e continueranno a farlo anche in estate perché si è visto che funziona, dopo un po’ di rodaggio iniziale”. Meno costi, più flessibilità. 

mutti foto sandro capatti

Nelle poche postazioni lungo la linea che vede operai vicini, sono state messe delle barriere di plexiglas. Nessuna spesa per Mutti Spa: sono state infatti realizzati i divisori nello stabilimento dai loro ingegneri. Ogni fine settimana vengono sanificati completamente tutti gli spazi. Per i dipendenti si è organizzata la mensa a rotazione e si entra negli spogliatoi a turni. L’area ristoro con le macchinette del caffè e snack è stata spostata all’esterno, sotto a dei tendoni. Per i lavoratori di aziende esterne è stata creata un’area dedicata con spogliatoi e aree ristoro separate da quelle dei dipendenti di Mutti.

BIRRIFICIO FARNESE A FONTEVIVO

birrificio farnese (3) foto sandro capatti

Nato nel 2013, il Birrificio Farnese è stato proclamato tra i migliori produttori di birra artigianale e riconosciuto dalla condotta Slow Food di Parma. E ora l’eccellenza si adatta al momento di emergenza sanitaria, producendo un gel disinfettante oltre alle sue rinomate birre. 

Durante il lockdown la produzione del birrificio non si è mai fermata, ma si è ridotta moltissimo costringendo parte dei dipendenti ad andare in cassa integrazione. Il 90% dei clienti, infatti, erano chiusi. Parliamo di ristoranti, bar e locali. In questi mesi, come spiega il co-fondatore Massimiliano Grassi, ci sono state “perdite di almeno 100mila euro, e altrettante saranno quelle a fine anno a causa di feste, sagre ed eventi annullati. Rispetto al fatturato dell’aprile dell’anno scorso, quest’anno abbiamo fatto circa il 2%”.

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E’ il terzo birrificio in Italia ad aver convertito parte della produzione in gel disinfettante, il primo nel nord Italia. Life Gel è una produzione totalmente parmigiana e con prodotti vegetali. Nello stabilimento di Fontevivo Massimiliano Grassi spiega al sindaco in visita Tommaso Fiazza come si sia deciso di mobilitarsi per aiutare il territorio in questo momento delicato, portando sul mercato un prodotto a costi contenuti e totalmente local. 

Il prodotto Life Gel ha già riscontrato buoni risultati. “Stiamo rifornendo principalmente i nostri clienti, ma le richieste stanno crescendo anche da parte di aziende, rivenditori e associazioni regionali. In futuro speriamo di poterlo proporre anche alle scuole”. 

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“E’ una produzione che resta per noi molto marginale, ma che vogliamo portare avanti anche per aiutare il territorio riuscendo a proporlo a prezzi molto calmierati rispetto al mercato. Life Gel rispetta a pieno la formulazione Oms e utilizza prodotti di qualità. Il gel finale non è complicato da realizzare, ma è stata difficile la fase di studio e la ricerca delle materie prime che durante il lockdown scarseggiavano” spiega Massimiliano Grassi. E il tutto è Made in Parma, dall’alcool all’imballaggio. L’obiettivo è poi quello di rendere interna e più sostenibile la produzione di alcool “utilizzando le trebbie, gli scarti della birra. Il malto d’orzo già utilizzato può infatti essere rimandato in bollitura e poi distillato”. 

 

FEMM DIVISIONE MATERIE PLASTICHE A SORBOLO MEZZANI

femm sorbolo divisioni plastiche (1) foto sandro capatti

Leader nella produzione di componenti e accessori in metallo ed in plastica per il packaging industriale, FEMM con sede a Cavriago, nel reggiano, vede una divisione per la produzione di materie plastiche a Sorbolo Mezzani. Il responsabile Cesare Passeri accompagna il sindaco Nicola Cesari nello stabilimento dove durante il lockdown si è convertita parte della produzione per realizzare delle speciali mascherine. 

femm sorbolo divisioni plastiche foto sandro capatti

In piena emergenza sanitaria “ci contatta l’ingegnere Pesci, grazie all’intermediazione dell’Unione Parmense Industriali. – racconta Passeri – Dal desiderio di limitare l’enorme mole di rifiuti di mascherine di questi mesi abbiamo realizza un prodotto lavabile e riutilizzabile a lungo. Ecco quindi queste mascherine in plastica facilmente sanificabili. Anche il filtro si può sterilizzare in alcool”. 

Ma una volta finita l’emergenza sanitaria il loro scopo non sarà esaurito. “Possono essere molto utili anche in aziende come la nostra, per chi lavora e si sporca le mani facilmente. Con queste mascherine lavabili si evitano sprechi anche per il futuro”. 

femm sorbolo divisioni plastiche foto sandro capatti

A inizio giugno ne erano già state distribuite 5mila “e si vuole arrivare a 10mila, sempre gratuitamente”. Sono state infatti donate in tutta provincia agli operatori e volontari che lavoravano per contenere l’emergenza Covid-19, ma non a diretto contatto con i malati. 

 

CASAPPA SPA A COLLECCHIO

Casappa spa (2) foto sandro capatti

L’azienda Casappa, storica sul territorio, progetta e realizza i principali componenti del sistema oleodinamico per industrie, costruzioni, agricoltura, veicoli industriali e altro. Per loro il lockdown e ancor prima l’emergenza sanitaria non è stata improvvisa. Dai 2007 infatti è nata in Cina la Casappa Hydraulics Shanghai che ha permesso loro di avere una importante antenna là dove stava scoppiando la pandemia che ha poi colpito tutto il mondo.  

Come racconta l’owner Filippo Casappa, “per noi c’è stato un vantaggio di circa tre settimane rispetto alle altre imprese italiane. Il lockdown cinese è iniziato alla fine di gennaio. I nostri ragazzi a Shanghai ci raccontavano tutti i giorni quali misure aveva deciso Pechino, cosa facevano chiusi in casa, come stava evolvendo la situazione là. Questo ci ha fatto capire che la cosa era veramente seria” ancora prima che in Italia si arrivasse a formare le zone rosse.

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“Vivere direttamente la situazione cinese non ci ha creato particolare ansia. L’abbiamo gestita in modo sufficientemente razionale e, anzi, per noi è stato un vantaggio. Ci siamo detti, ok arriva lo tsunami e dobbiamo prepararci” racconta Filippo Casappa. L’azienda si mobilita ancor prima che il Governo italiano prenda le misure drastiche. 

Si sono attivate le misure di sicurezza come la misurazione della temperatura e il distanziamento. Ma si sono anche acquistati in tempo tutti i computer portatili che mancavano per poter far lavorare da casa gli impiegati. “Abbiamo capito immediatamente che non sarebbe stata una cosa da una settimana o quindici giorni. Grazie a una persona dedicata a tempo pieno a supportare il nostro medico del lavoro, abbiamo dato ascolto alle persone con sintomi simili a quelli del Covid, abbiamo individuato chiunque tra i colleghi fosse entrato in contatto con un possibile positivo. Abbiamo messo in quarantena dipendenti, li abbiamo monitorati e sentiti quotidianamente. Un lavoro molto pesante ma che ha pagato”.

Casappa spa (3) foto sandro capatti

La produzione invece si è fermata. “Siamo stati rispettosi anzi rispettosissimi della normativa sulle classi Ateco che potevano lavorare. Avremmo avuto qualche motivazione per continuare, però nel momento in cui abbiamo raggiunto il picco di contagi non ce la siamo sentita di chiedere ai nostri ragazzi di lavorare. Non ne valeva la pena per una produttività minimale”.

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E la ripartenza? “A Shanghai già da fine marzo abbiamo ripreso quasi a piena produzione. In Italia non siamo ancora al 100%, anzi. Noi serviamo principalmente Europa e Stati Uniti, più dell’80% della nostra produzione è per clienti internazionali. Abbiamo una visione globale di quello che sta succedendo a causa del Covid. Ci aspettiamo qualche segnale di ripresa per settembre e ottobre”. 

Casappa spa (1) foto sandro capatti

Casappa per la ripartenza ha attivato un servizio di supporto psicologico per tutti i dipendenti. “Hanno a disposizione un numero telefonico al quale accedete e con cui parlare di qualsiasi tipo di problema, quotidiano o di famiglia. Tante persone ne sono uscite traumatizzate da questa emergenza sanitaria e vedo in tanti la paura che tutto ciò porti a un cambiamento”. 

Ma il cambiamento può essere anche positivo. “Lo smart working è stato una risposta dettata dalla sopravvivenza, ora invece come tutte le cose va studiata e analizzata”. Casappa ha fatto partire un progetto con una consulenza esterna per capire se questa modalità di lavoro può funzionare anche in futuro e come. “Non mi spaventa il fatto che ci sia da cambiare, affinare, evolvere – conclude Filippo Casappa – perché saremo in grado di farlo e lo faremo anche bene”.

 

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Foto di Sandro Capatti

Interviste di Arianna Belloli

A cura di Bianca Trombelli e Martina Santi 

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