Emergenza e ripartenza: quei volontari eroi e la gestione delle amministrazioni

IL COVID E' ARRIVATO ALL'IMPROVVISO COME UNO TSUNAMI, LE AMMINISTRAZIONI SI SONO MOSSE TRA LE INCERTEZZE MA LA GESTIONE NON SAREBBE MAI STATA POSSIBILE SENZA I NUMEROSI VOLONTARI

 

Ognuno può fare la differenza. Nel momento del bisogno questo principio ha spinto centinaia e centinaia di persone,  volontari, a scendere in strada, entrare nella case dei malati, non risparmiarsi per aiutare, tutti i giorni, a tutte le ore, senza sosta. Solo così siamo usciti dall’emergenza non abbandonando nessuno. E’ il senso di comunità ritrovato che ci ha salvato.

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha travolto Parma e provincia, uno tra i primi territori colpiti in regione, dopo la martoriata Piacenza, a pochi chilometri dal primo focolaio di covid che ha portato a chiudere senza precendenti il comune di Codogno. Il Covid è arrivato portando paura e insicurezza. Le amministrazioni comunali, gli ospedali, le associazioni per il sociale e l’assistenza sono state catapultate in un mondo surreale. Non c’era tempo per pensare, solo per agire.

 

 

A Sorbolo Mezzani i volontari della Croce Rossa ci fanno vedere un momento cruciale, il momento della “vestizione”. Così lo chiamano questo passaggio che diventa solenne quanto indispensabile. Ma ancora più delicato è il momento della “s-vestizione” della tuta che potrebbe essere venuta a contatto con il virus. Il protocollo speciale seguito dai volontari di Sorbolo Mezzani deve essere eseguito con l’aiuto di un’altra persona e con la massima attenzione. Con queste tute sigillate i volontari sono rimasti attivi per ore e ore, tutti i giorni, con il caldo e quella sensazione che fa mancare il fiato.

 

 

Questo processo di “vestizione”, minuzioso e assistito, ha permesso di non avere contagi da covid tra i 200 volontari della Croce Rossa di Sorbolo Mezzani. Insieme alle altre associazioni e al coordinamento dell’amministrazione comunale i volontari hanno dato assistenza agli anziani che avevano paura di uscire, hanno trasportato i malati all’ospedale di Parma, hanno consegnato spesa e farmaci a domicilio. Protetti dalle loro tute, ma non senza paura, non si sono mai fermati.

Tra le attività delle associazioni e volontari c’è anche la consegna delle mascherine. Il 23 maggio la Croce Rossa e il Comune di Sorbolo Mezzani hanno indetto il Mascherina Day consegnando oltre 13mila mascherine ai cittadini.

 

 

A Borgotaro i volontari dell’assistenza pubblica e protezione civile hanno coperto tutto il territorio del loro comune e di Albareto. Tra le montagne, raggiungendo anche le case più sperdute, non hanno mancato di essere presenti. Consegna della spesa, dei farmaci, delle mascherine. E con la ripartenza questi volontari si sono spesi per aiutare i loro commercianti e baristi, sanificando tutti i locali grazie all’aiuto del Comune di Borgotaro e Ascom. Organizzati come una efficiente catena di montaggio hanno poi preparato centinaia di scatoloni di viveri da consegnare a chi ne aveva bisogno.  Come per tutti i territori del parmense, queste persone, di tutte le età, hanno vissuto fianco a fianco per oltre 100 giorni, dai primi casi di Covid-19 di fine febbraio a metà maggio, stringendo legami che andranno al di là del lockdown.

 

 

Durante il lockdown il piazzale della sede dell’assistenza pubblica di Borgotaro è diventata la casa di 150 volontari per l’assistenza sanitaria, 100 volontari per la logistica e circa 40 ragazzi non ancora maggiorenni che forti della loro giovane età hanno dato un contributo importante: uno dei gruppi di giovani più numerosi della provincia.

 

 

Un’organizzazione e una efficienza frutto dell’esperienza, anche se lo sconosciuto virus ha reso le cose molto più difficili, ma anche una riscoperta della solidarietà e del senso di comunità che hanno fatto sì che questa emergenza fosse gestita nel migliore dei modi possibili. Tutto veniva gestito dalla centrale operativa, costruita in fretta su un furgone nel parcheggio della sede dell’assistenza pubblica di Borgotaro. E la preparazione e la massima attenzione hanno fatto sì che “non abbiamo avuto contagi di Covid tra i nostri volontari. – spiegano – Questo perchè abbiamo lavorato bene e con tutte le protezioni”. Difficoltà si sono avute come su tutto il territorio per il rifornimento di mascherine “ma siamo partiti in anticipo comprandole direttamente noi prima che scoppiasse l’emergenza e non siamo mai rimasti senza”.

 

 

Ma la solidarietà è arrivata anche dagli altri cittadini. In tanti hanno donato parte della loro spesa nei punti di raccolta organizzati fuori dai supermercati. A Fontevivo il sindaco Tommaso Fiazza si complimenta con i giovani volontari che ogni giorni erano lì, a raccogliere alimenti per chi ha bisogno. Ad aiutare la Croce Rossa di Fontevivo c’erano infatti anche i giovani che frequentano l’oratorio. “La solidarietà che è emersa in questa emergenza è la cosa più bella” commenta il sindaco Fiazza. 

“Come Comune siamo sempre stati presenti. – continua Tommaso Fiazza – Ce l’abbiamo messa tutta e cerchiamo di dare una mano a tutti”. Come? Grazie alla distribuzione dei buoni spesa concessi dal Governo ma anche garantendo la spesa a domicilio, gratuita per chi doveva stare in casa in isolamento e a pagamento per chi la richiedeva. In aiuto ai commercianti e Partite Iva, a Fontevivo sono arrivati sostegni extra dal Comune per la ripartenza, prorogato il pagamento della Tari e la Cosap, l’uso del plateatico, diventa gratuito. Misure che sono state prese anche da altri comuni del parmense. 

 

 

Impegno senza sosta anche per le Forze dell’Ordine. Durante il lockdown i controlli sono stati sempre attivi per garantire la sicurezza come richiesto dai decreti governativi. A tutte le ore, tutti i giorni, Carabinieri, Polizia e Polizia Municipale hanno fermato le auto di passaggio. A Fontevivo la Polizia Municipale composta da sei poliziotti, compreso il comandante, hanno svolto i controlli per otto ore al giorno, sette giorni su sette. Senza giorni di riposo hanno pattugliato una delle vie più trafficate del territorio, la via Emilia, diventata semideserta, come fosse un miraggio, durante il lockdown. 

 

farmacia comunale collecchio

 

La Farmacia comunale di Collecchio è diventata un punto di riferimento per tutta la Pedemontana. La titolare Barbara Bonini racconta come durante l’emergenza siano stati attivati due numeri di telefono dedicati alle richieste di farmaci. “Siamo stati molto presenti – racconta – perchè il medico di base non poteva visitare, quindi le persone per qualsiasi necessità veniva da noi, spesso disperati”. “Siamo riusciti anche a sopperire al problema delle mascherine: noi le abbiamo sempre avute. Abbiamo rifornito tutta l’Unione Pedemontana, le associazioni e i volontari”. I momenti più difficili? “Riuscire a reperire ossigeno e alcuni tipi di farmaci, oltre a stare dietro a tutte le richieste che sono state tantitissime, tutti i giorni e a tutte le ore”. Guanti e mascherine, “ne compravamo a stock di 10-20 mila riuscendo a mantenere i prezzi più bassi possibile, ma rimettendoci noi stessi dei soldi per poterle garantire a più persone possibile”. 

 

 

Le amministrazioni non si sono mai fermate. La sindaca di Collecchio, Maristella Galli insieme ai suoi assessori si sono mossi già dalla fine di febbraio, “coordinando le chiusure di tutte le attività, tutelando i dipendenti comunali con barriere di plexiglass, conunicando continuamente sul nostro sito e social gli aggiornamenti  che arrivavano dal Governo”. Ma c’è anche un aspetto più delicato e umano che ha travolto sindaci e assessori. “Ogni giorno mi arrivavano i bollettini. Ci sono stati giorni con picchi di oltre 200 segnalazioni di contagi nel comune. Mi arrivava l’elenco di tutti coloro che erano deceduti e di chi era in quarantena. Io e il vicesindaco abbiamo fatto centinaia di telefonate alle famiglie per dare la nostra piena disponibilità se avessero avuto bisogno. Ho mandato tantissimi, troppi, biglietti di condoglianze alle famiglie delle persone che sono venute a mancare. Li ho voluti scrivere tutti a mano, perché volevo farmi sentire più vicina alle famiglie, non pentendoli incontrare di persona”.

La nostra salvezza? “Sono stati i volontari, tantissimi e meravigliosi. Il 2 giugno li abbiamo premiato con un attestato di benemerenza perchè senza di loro non avremmo saputo come fare”. La solidarietà è arrivata poi anche da lontano. “Oltre ai soldi che sono arrivati dallo Stato per aiutare le persone in difficoltà, circa 78 mila euro già destinati, abbiamo fatto una raccolta di quasi 50 mila euro tra cittadini e industrie. Ma anche i nostri gemellati tedeschi, della cittadina di Butzbach, ci hanno mandato aiuti importanti”. 

La grande incognita del futuro? “La riapertura delle scuole…”.

 

 

Luigi Lucchi, sindaco di Berceto, non si è fatto fermare dal Covid-19. Dopo la lunga convalescenza passata per aver contratto il virus, è tornato nel suo ufficio e grazie all’ossigeno di cui ancora ha bisogno porta avanti la gestione del comune montano. Gli abitanti di Berceto sono quasi 2mila, una piccola comunità che vive di turismo. Per l’ermegenza sanitaria la paura era alta, il sindaco ha disposto quattro giri di consegna mascherine e gel igienizzante, con l’aggiunta di una saponetta. Fiori come la lavanda sono stati posizionati per il paese per permettere alle persone di riconoscere uno dei sintomi più diffusi del Covid-19, la perdita dell’olfatto. Ma l’impegno dell’amministrazione è stato anche quello di sensibilizzare la cittadinanza a fare i test sierologici, che grazie alla collaborazione del laboratorio di Fornovo vengono svolti anche a Berceto una volta alla settimana. 

Solo un paio di decessi si sono registrati a Berceto, comunque troppi per questo paese unito e raccolto, e la paura per il futuro resta alta. “Il mio timore – spiega il sindaco Lucchi – è che finita l’estate si torni all’emergenza. Serve essere ottimisti, ma molto attenti. Bisogna stare attenti non solo a livello sanitario, ma nel percepire anche i cambiamenti che questa pandemia ha portato a livello globale. Biosgna intuire e cogliere le opportunità”. 

 

SISSA TRECASALI, TRA I PAESI PIU’ COLPITI DAL COVID

 

Sissa Trecasali conta circa 7.900 abitanti, con 3.200 famiglie. Il Covid-19 in questo Comune è arrivato, come in tutto il parmense, ma qui la sfortuna ha voluto che colpisse alcune persone molto attive sul territorio, volontari che frequentano circoli e case protette. Persone che involontariamente, a causa della loro generosità verso gli altri, hanno contagiato molti altri. Rispetto alla popolazione questo comune ha avuto tra le più alte percentuali di lutti. Come racconta il sindaco Nicola Bernardi, “siamo stati tra i primi comuni colpiti, a fine febbraio. Vivevamo in una situazione complicata, in cui si stava ancora sottovalutando il virus. Era prima dell’8 marzo e si girava tutti senza mascherine, c’era molta incertezza sulle misure da seguire. La nostra casa di riposo l’abbiamo chiusa molto prima del decreto governativo perché il medico aveva accertato il Covid. Siamo stati i primi a chiudere a Parma. Abbiamo lavorato molto sulla comunicazione, con tutti i canali che avevamo a disposizione e soprattutto con i social. Molti cittadini hanno detto che abbiamo lavorato bene. Quello che è certo è che abbiamo fatto tutto il possibile”. 

 

 

Tutti i giorni era un “è vero che è morto il nonno di..? è vero che è morto ..?”. “L’emergenza è durata 20 giorni, a marzo, poi la situazione è diventata meno critica appunto perché siamo partiti per primi, anche se l’attenzione è rimasta altissima. Se in media avevamo in quei mesi 7 morti l’anno scorso, quest’anno ne abbiamo avuti circa 50” spiega il sindaco Bernardi. Una tragedia che colpisce una comunità coesa, in cui tutti si conoscono. E il lutto di una famiglia diventa così lutto dell’intera comunità. 

 

 

Il 7 luglio in piazza Fontana l’amminstrazione consegna un attestato ai 15 volontari che durante l’emergenza sanitaria non si sono risparmiati per aiutare i loro concittadini. Alla presenza del sindaco e assessori, si sono ringraziati sentitamente tutti per il prezioso contributo. “Senza di loro non avremmo saputo come fare” ribadisce l’assessora Tiziana Tridente.

“Il nostro è un territorio grande, – aggiunge il vicesindaco Mauro Foglia – con 72 km quadrati e con case sparse tra loro. La consegna porta a porta dei volontari non è stata per niente semplice”. “Potevamo fare meglio? Potevamo fare di più? – si chiede Foglia – Sicuramente, ma con il senno di poi. Ricordiamo però che in quei giorni, anche prima del lockdown, non si sapeva molto se non niente sul Covid-19. Ognuno di noi ci ha messo l’anima. Ci sono state tantissime persone piene di volontà e voglia di fare. Ci sono stati momenti di paura, momenti in cui tutto ci sembrava surreale”. 

 

 

“Sissa trecasali ha un’Auser – racconta l’assessora al sociale Tiziana Tridente – ma l’età media dei volontari è alta e per questo, quindi, si è preferito trovare nuovi e più giovani volontari, per non metterli a rischio. Questi ragazzi hanno fatto consegna della spesa, medicine, ricette, consegna e imbustamento mascherine. Hanno consegnato 10mila mascherine da inizio pandemia, casa per casa”. Un impegno quotidiano e totalizzante, ma senza il quale non si sarebbe potuta gestire l’emergenza se non con costi e risorse enormi, che non si avevano. I volontari sono stati tutti formati e preparati prima di essere atttivati sul territorio, “hanno fatto un corso di formazione grazie a Parma Solidale e Forum Solidarietà, che ha anche fornito un’assicurazione che li tutela”.  

 

 

“Quando sentivamo suonare le campane della chiesa ci venivano i brividi. Quando sentivamo le sirene dell’ambulanza ci chiedevamo chi fosse questa volta ad essere portato via. Un amico? Un parente? Prima che amministratori siamo persone, padri e madri di famiglia, con figli, parenti, amici. Ognuno ha dato quello che poteva e anche di più” ricorda il vicesindaco Mauro Foglia. 

 

 

“Tutti ci chiedevano cosa succedesse e noi non sapevamo come rispondere. – ricorda l’assessore all’associazionismo e sport Lorenzo Bizzi – E’ stato molto difficile. All’inizio si parlava di banale influenza, c’era scarsa conoscenza anche da parte dei medici e dei piani alti. Essendo stati tra i primi abbiamo visto subito che non era una semplice influenza e abbiamo reagito come la cosa grave che era. Ci siamo trovati in situazioni che non abbiamo mai vissuto. Ci chiedevamo continuamente cosa potevamo fare di più. Credo che il lavoro svolto sia stato ottimo, ma per i primi 15 giorni io non ho dormito, continuavo a pensare a cosa si potesse fare di più”. 

“L’impegno di Croce Rossa e Protezione Civile è stato massimo, ma anche quello di Caritas e Avis. Quest’ultima non si  è mai fermata per raccogliere donazioni di sangue in un momento delicato dove la necessità c’era ma le persone avevano paura di uscire di casa per donare”. “Anche i commercianti hanno fatto di più di quello che ci si aspettava. I ristoratori di Sissa Trecasali sono stati i primi a mobilitarsi per la consegna dei pasti all’Ospedale Maggiore. Tante le aziende che appena abbiamo chiesto ci hanno aiutato donandoci le mascherine per i volontari e la casa protetta. Siamo stati una comunità che si è mobilitata tutta in aiuto reciproco”.

 

 

Un altro aspetto importante nella gestione dell’emergenza è stata non far sentire nessuno abbandonato. Come ricorda l’assessora al sociale Tiziana Tridente, “gli anziani non sono stati mai lasciati da soli. La linea d’ascolto è stata sempre attiva e non è stata per niente scontata. E’ stato fatto tutto quello che potevamo fare. Abbiamo due case di riposo. Anche con loro ci sono stati contatti quotidiani per sapere di cosa avevano bisogno, per essere certi che avessero tutti i DPI. Mascherine e altri presidi di sicurezza all’inizio sono stati, e non solo per noi, un grosso problema, ma siamo riusciti a comprarle o farcele donare senza mai essere scoperti di protezione”. Ma l’attenzione è rivolta anche ai più piccoli, che hanno fatto fatica a comprendere a pieno cosa stava succedendo, il perchè della loro routine completamente stravolta. “Durante il lockdown è stata fatta una iniziativa anche per i bambini che si chiamava Caro Virus ti scrivo. Tutte le sere, per 60 giorni, ho fatto un video per i bambini per tener loro compagnia”. 

“Da sola tuttavia non ce l’avrei mai fatta a gestire tutto. La nostra salvezza è stata la giovanissima Francesca…”

 

 

Francesca Setti ha soli 23 anni, è assistente sociale nel Comune di Sissa Trecasali e, come ribadiscono in coro tutti gli assessori, è stata “il perno della gestione dell’emergenza, è stata lei che ha coordinato tutti i volontari”. Francesca ha anche aiutato a distribuire e gestire i buoni alimentari. 

“I volontari ci hanno aiutato molto soprattutto con le consegne a domicilio delle mascherine e non solo. – racconta Francesca – Io organizzavo i loro turni per ogni servizio. Alcuni volontari hanno fatto anche altro, per esempio una ragazza ha portato fuori il cane di una famiglia che non poteva uscire. Le famiglie mi chiamavano spiegando i loro problemi e io cercavo di trovare il volontario giusto e poterli aiutare. Abbiamo poi fatto una cosa molto bella che è la linea di ascolto solitudine. I volontari chiamavano quotidianamente gli anziani soli per far loro compagnia”.

“Personalmente, – continua Francesca – in particolare a marzo, è stato un periodo molto tosto e no stop. Ci è mancato poco che non mettessi una branda in Comune e dormissi qui. Però alla fine è andata bene”. 

 

 

C’è poi Tiziana Vallara, un’altra donna che durante questa emergenza ha dato il massimo per aiutare i pazienti malati di Covid. Tiziana è la caposala della degenza internistica nel Padiglione Barbieri all’Ospedale Maggiore di Parma, che è diventato reparto Covid. Ma è anche la presidentessa della commissione pari opportunità del Comune di Sissa Trecasali.

Di quei mesi ricorda come “non c’era abbastanza tempo, non c’era tempo per fermarsi a riflettere, non c’era tempo per impostare il lavoro come nella normalità. Tutto era in emergenza. Sono stati mesi lunghi? No, sono passati velocemente e cominciamo a renderci conto solo adesso di quello che ci è successo. Ci rendiamo conto che è cambiato qualcosa. Dal punto di vista emotivo devo ancora riflettere. Vado avanti perchè si deve”. 

“Ho vissuto la tragedia nel mio Comune a distanza, perchè sono rimasta sempre qua in ospedale. Sissa Trecasali è il Comune in cui vivo da 48 anni, conosco tutti i concittadini che sono stati ricoverati qua al Barbieri. Quelle che sono uscite e quelle che purtroppo non ne sono più uscite. Devo ancora metabolizzare. E’ un Comune piccolo dove ci si conosce tutti, dove si è cresciuti tutti bene o male insieme. Erano tutti genitori o parenti di amici. E’ una comunità molto raccolta e questa cosa ha colpito tutti in modo importante. E’ stata una catena di ricoveri e morti a marzo che sembrava non avere termine”.

“Il Comune di Sissa Trecasali è stato il primo a pensare a noi che lavoriamo nel padiglione Barbieri. I nostri ristoratori sono stati i primi a donare i pasti. A noi non sembrava vero, per qualcuno potrà sembrare una sciocchezza, ma per noi è stato molto importante. Era vitale riuscire a ritagliarsi un piccolo momento per mangiare quello che ci hanno donato per ringraziarci”. 

“La mia ripartenza? Vivo giorno per giorno”.

 

Questo reportage nasce dalla voglia di raccontare, ma soprattutto ricordare uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni che Parma come il resto del mondo ha vissuto e sta ancora vivendo. Un tempo in cui le distanze sono state salvifiche, ma in cui è stata proprio la vicinanza, e la collaborazione di tutti, a permetterci di uscirne vivi. Abbiamo raccontato solo alcune storie, anche se avremmo voluto ricordarle tutte. Lo abbiamo fatto perchè ricordare serve a non commettere gli stessi sbagli, serve a tener viva la memoria di chi non è più tra noi, serve (si spera) a non tornare nel baratro della paura. Consci di quel che è stato, questo è un invito a non abbassare la guardia. 

 

Guarda le altre tappe del nostro “viaggio”: 

Emergenza e ripartenza: le imprese del parmense e le loro storie

Emergenza e ripartenza: il valore di artigiani e piccoli commercianti

Emergenza e ripartenza: i ristoratori affrontano la fase 2

Emergenza e ripartenza: il turismo e la riscoperta del territorio

 

foto di Sandro Capatti

interviste di Arianna Belloli

a cura di Bianca Trombelli e Martina Santi

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