Emergenza e ripartenza: i ristoratori affrontano la fase 2

COME RIPARTONO I RISTORANTI DOPO L'EMERGENZA SANITARIA? PIENI DI PREOCCUPAZIONI MA CON TANTE SPERANZE


Il mondo dell’ospitalità è stato stravolto dal Covid-19. I ristoranti, in particolare, hanno subito fortemente gli effetti del lockdown e non è certo bastata l’attivazione del delivery per sopperire alle mancate entrate.

Ammonta a 3 miliardi la perdita di fatturato derivante dal lockdown per il mondo del food, lo stima Coldiretti. I mancati acquisti di cibo e bevande da parte dei ristoratori stanno avendo un effetto a valanga sull’intero settore agroalimentare italiano. La stessa associazione ha anche calcolato un calo del 40% dei pasti fuori casa, nei mesi di luglio, agosto e settembre. A pesare non è solo la maggiore sfiducia o preoccupazione degli italiani legata al rischio di contagio, ma anche l’assenza di turismo straniero. Solo nel 2019 erano oltre 16 milioni i visitatori dall’estero che avevano scelto l’Italia come meta delle loro vacanze.

Tra le risposte dei Comuni, come a Parma e provincia, in aiuto ai ristoratori si è messo a disposizione dei locali l’uso gratuito degli spazi pubblici esterni. Ma dopo 70 giorni di lockdown e una riapertura all’insegna di distanze sociali che dimezzano i coperti, questo non è sufficiente. Serve infatti la massima attenzione al rispetto delle misure di sicurezza. Chi non rispetta le regole (o non le fa rispettare), infatti, può incorrere in sanzioni da 400 a 3 mila euro di multa. E per i casi più gravi, è prevista la sospensione temporanea della licenza.

Non sorprende allora che, secondo un’indagine di Fipe, a tre settimane dalla riapertura, il 3% dei ristoranti sono rimasti chiusi; il 53,9 % ha dichiarato un andamento post-ripartenza tra lo scarso e il pessimo; il 42% ha avuto incassi almeno del 70% inferiori rispetto alla situazione pre-covid e il 65% ha fatto richiesta di finanziamento a seguito del Decreto Liquidità.

 

foto di Ao Parma

I ristoratori di Parma e provincia non hanno fatto mancare la solidarietà. Era la metà di marzo quando gli chef parmigiani hanno deciso di mettere la loro esperienza in aiuto durante l’emergenza. Per due mesi, con 4.500 pasti caldi coordinati da Parma Quality Restaurants, hanno consegnato nei reparti Covid dell’Ospedale Maggiore il ristoro per infermieri, medici e operatori sanitari. A rotazione i ristoratori si sono impegnati per coprire tutti i reparti e regalare un momento prezioso a chi in quei mesi ha speso tutte le sue energie per aiutare i pazienti.

 

 

Andrea Nizzi è lo chef di 12 Monaci a Fontevivo e presidente del consorzio Parma Quality Restaurants. Il suo lockdown non è stato con le mani in mano. Insieme agli altri ristoratori del consorzio si è interrogato a lungo su come sarebbe stata la ripartenza arrivando a delineare anche delle linee guida per districarsi al meglio tra obblighi e regole di buon senso che dovrebbero guidare la riapertura. Insieme al Comune di Parma, il consorzio ha anche promosso l’iniziativa Tasty Box – I Sapori della Food Valley per premiare chi va al ristorante del circuito Parma Quality Restaurants, donando i prodotti tipici del territorio.

Erano i primi giorni di maggio quando lo chef ci racconta le difficoltà appena passate. “In molti, io compreso, abbiamo iniziato con il delivery ma è stata una decisione presa più dall’amore che dai guadagni. L’abbiamo fatto per rimanere vicino ai nostri clienti, a malapena abbiamo coperto i costi. Adesso invece apriamo per amore del locale, non certo per i soldi”.

“Due mesi di chiusura sono lunghi. La ripresa sarà lenta. Il problema non è tanto distanziare i posti e le misure di sicurezza, ma far tornare le persone a mangiare fuori senza la paura”. 

Come è gestita la ripartenza? “Quello che è sicuro è che dobbiamo comunicare molto il fatto che i nostri sono locali sicuri. La qualità del cibo infatti non è cambiata. Ci vuole solo buon senso, anche da parte del cliente”. Ma sono invece tantissime le mancate entrate, “lavorando soprattutto con matrimoni e con il servizio di catering. – spiega lo chef Nizzi – Abbiamo visto la totale mancanza di questi eventi. Inoltre Parma 2020 doveva essere un grande anno per tutto il circuito della ristorazione e dell’ospitalità…”. 

 

 

Come per il ristorante Il Bersò di Sorbolo Mezzani, la riapertura non è stata facile. Si sono dovuti rifare tutti i menù, tra chi ha optato per il cartaceo usa e getta e chi per il digitale. C’è anche chi ha optato per le lavagnette su cui scrivere ogni giorno le proposte. Il percorso all’interno del locale vede ora entrate e uscite separate. I posti si sono dimezzati per far spazio tra un tavolo l’altro delle giuste distanze di sicurezza. Gel disinfettante in ogni angolo. Tutti i camerieri indossano le mascherine e tanto è il tempo dedicato ora alla sanificazione di tutti gli spazi. Una responsabilità e un impegno importanti, per niente scontati. E per chi poteva sfruttare uno spazio all’aperto, questa possibilità è stata la salvezza.

 

 

I ristoratori diventano protagonisti del mantenimento delle norme di sicurezza. Per loro incombono responsabilità come la misurazione della temperatura corporea con termo scanner. E non si fa sconti a nessuno, neanche al sindaco di Montechiarugolo Daniele Friggeri che viene “scansionato” dal titolare Franco Rosati della Trattoria Tripoli che commenta: “La gente ha voglia di uscire. C’è la paura, ma sta anche a noi ripartire con responsabilità, poco alla volta”.

 

 

Franco Rosati della Trattoria Tripoli ha riaperto con il personale ridotto. Ora in cucina c’è solo la moglie e in sala la figlia. “Abbiamo riaperto dal 18 maggio, il primo giorno possibile, dopo una settimana in cui ci siamo cimentati nel domicilio e asporto. Le aziende, per il pranzo, preferiscono ancora richiedere la consegna in sede per i loro dipendenti. Subito c’è stato un boom di richieste ma poi si è tutto calmato”. 

Ma il calo nonostante la ripartenza è evidente. “Noi abbiamo sempre lavorato molto a pranzo, avevamo anche 80 coperti al giorno, ma ora, nelle prime settimane dopo lockdown, abbiamo in media 10 o 15 persone che vengono a mangiare”. Le abitudini delle persone dopo mesi di lockdown sono infatti cambiate. 

Le difficoltà sono anche nelle piccole cose, “per esempio, la bottiglia di vino la posso servire per tutto il tavolo? Non si potrebbe, dovrei portare un quartino a ogni commensale ma non è facile. E per l’olio? Il sale e i condimenti? E’ tutta una preoccupazione in più”. 

Alla Trattoria Vecchio Borgo di Borgotaro si è più che dimezzata la capienza. I gestori Cristiano Cozzani e Francesca Toma ricordano come, prima del Covid-19, “al sabato sera era sempre tutto pieno. Servivamo le persone anche sulle casse del vino ai lati della sala. Ora 30-40 clienti per noi sono grandi numeri. Prima invece in una sola sera potevamo coprire 80 posti”. 

“Ma siamo molto positivi. Siamo ripartiti e ci sono segnali positivi. A Borgotaro, per esempio, i turisti hanno iniziato a venire e speriamo che possa tornate tutto un po’ più alla normalità”.

 

 

“Ero molto spaventata dalla situazione che stavamo vivendo dalla fine di febbraio, quindi quando ci sono stati sempre più casi a Parma ho chiuso subito” ci racconta Isabella Chiussi, chef e titolare del ristorante Il Bersò  di Sorbolo Mezzani. Adesso invece la riapertura “l’ho fatta con un menù ridotto e grazie all’ampio spazio all’aperto che abbiamo a disposizione. Non ho aperto subito, ho voluto essere sicura delle regole da seguire”.

Durante il lockdown anche Isabella si è cimentata nella consegna a domicilio dalla settimana di Pasqua in poi, ricevendo tanti ordini. “Non l’abbiamo fatto per i soldi ma per mantenere i rapporti con i nostri clienti e la risposta è stata bellissima. Ho sentito il calore e l’affetto delle persone ogni volta che ho risposto al telefono per un ordine”.

La ripartenza per Il Bersò è andata bene, già dalla prima sera sono stati tantissime le prenotazioni. Così come per tanti ristoranti del parmense. C’è stato grande entusiasmo e voglia di tornare alla socialità nelle prime settimane. Ma presto, piano piano, le sale si vedono sempre più svuotate. Sono cambiate le abitudini? O le persone hanno ancora paura?

 

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foto di Sandro Capatti

interviste di Arianna Belloli

a cura di Bianca Trombelli e Martina Santi

 

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