Covid chiude il Teatro del Cerchio, Mascitelli: “Il settore cultura è stato il più penalizzato”
Nel pieno della seconda ondata di contagi, il Teatro del Cerchio resiste alla chiusura forzata ma il settore culturale continua ad essere in crisi
Da tempo ci siamo occupati delle chiusure che, tanto nella prima quanto nella seconda ondata di contagi, hanno riguardato tutti i luoghi di cultura della nostra città, proprio in un anno cruciale per una sua ridefinizione in senso turistico: dal cinema all’opera, dalle biblioteche fino a mostre e musei. Questa volta abbiamo deciso di concentrarci sui teatri, istituzione da tempo alle prese con una profonda crisi e interessata da vistosi cambiamenti. Per farlo ci siamo rivolti a Mario Mascitelli, direttore artistico del Teatro del Cerchio, nato come Micronomicon più di 20 anni anni fa e molto attivo in città e provincia, non solo quanto produzione e allestimento di spettacoli, ma anche nella formazione di ragazzi e adulti.
Un’analisi a freddo
A ormai quattro settimane di distanza, è possibile tornare a riflettere a mente fredda su quanto successo in occasione della prima ondata di chiusure. All’emanazione del DPCM del 24 ottobre, voci critiche si sono levate da tutti i settori della cultura, l’unico colpito senza distinzioni di sorta. Oggi, però, sembra si possa tornare a rivalutare quei momenti, anche alla luce della piega, sempre più preoccupante, che ha assunto il contagio nel nostro paese. Come spiega Mascitelli: “Dei provvedimenti erano assolutamente necessari. Il settore cultura, però, è stato tra quelli più penalizzati, se non il più penalizzato in senso assoluto. Il tutto senza alcuna motivazione medico-scientifica. L’esempio più lampante credo sia dato, in questo senso, dal caso francese: dopo quasi un mese di lockdown, il prossimo 28 di novembre cinema, teatri e musei saranno le prime istituzioni pubbliche a riaprire i battenti alla cittadinanza. Alla base vi è una diversa considerazione del valore della cultura: è proprio questo ciò che ci manca per poter attuare un cambio di paradigma epocale”.
Detto questo, non si può certo negare la gravità della situazione:“Sicuramente andavano presi provvedimenti. Credo, però, che l’emergenza sia stata gestita male e con poco rispetto nei confronti nostri e di tutti i luoghi di cultura, trascurando gli ingenti sforzi che avevamo affrontato per adeguarci alle normative sanitarie“, ribadisce Mascitelli.
A un passo dal burrone
Lo scorso 23 ottobre, intervistato da ilparmense.net, lo stesso Mascitelli si dichiarava piuttosto preoccupato per la situazione che si stava sviluppando: “Dopo aver superato l’ondata di chiusure di marzo grazie a cospicue e pronte sovvenzioni statali e regionali – dichiarava, quasi profetico – non posso essere certo che saremo in grado di affrontare una nuova serrata totale”.
Come tutti sappiamo, la profezia si è purtroppo avverata di lì a poco. Come spiega Mascitelli, decisamente amareggiato, il futuro è ancora oggi molto incerto: “Tutto dipenderà da quanto durerà questa fase. Se dovesse protrarsi anche per tutta la prossima stagione, si farà veramente dura non solo per noi ma per tutto il comparto culturale. Si tratta di superare l’inverno. A fatica– aggiunge con un sospiro- ma ce la faremo. Sospesi spettacoli e produzioni, non possiamo che aggrapparci alla nostra scuola di teatro che quest’anno ha superato ogni più rosea previsione con oltre 200 iscritti“. Nonostante la paura per il contagio, dunque, la scuola del Teatro del Cerchio ha incrementato notevolmente le adesioni.
Grande successo hanno riscontrato, inoltre, i primi (e purtroppo per ora anche ultimi) spettacoli organizzati all’aperto durante la stagione estiva. “Il pubblico ha apprezzato i nostri sforzi per organizzare il tutto nella massima sicurezza, sia come teatro che come scuola. Con l’incedere della pandemia, però, ho iniziato a notare atteggiamenti di timore, specie tra gli allievi più avanti con gli anni. Per molti il passaggio all’online, pur con tutte le limitazioni che questo comporta, è stato un sospiro di sollievo“.
Il teatro come cura
Proprio la scuola riveste un ruolo fondamentale all’interno dell’attività del Teatro del Cerchio. Oltre a impegnarsi in ‘spettacoli itineranti‘ nei teatri dei singoli istituti, Mascitelli e i suoi collaboratori hanno da tempo intrapreso una scuola di teatro dedicata a ragazzi e adulti, oggi necessariamente trasferita online. “Abbiamo iniziato a fare formazione più di vent’anni fa – spiega Mascitelli – quando i teatri campavano facendo i teatranti senza che vi fosse la necessità di uscire dai propri confini. Ormai possiamo vantare, sotto quest’aspetto, un’esperienza notevole“. Ciò che più colpisce è, però, il ruolo sociale che l’istituzione è venuta a ricoprire: “Da tempo medici e psicologi – chiarisce con orgoglio Mascitelli – ci affidano loro pazienti, non solo bambini, ma sempre più spesso anche adulti: il teatro è una forma di espressione di sé, che permette di superare anche i momenti più complicati. Proprio a partire da questa constatazione, negli ultimi anni ci siamo sempre più specializzati anche nella gestione del lato psicologico, intervenendo anche direttamente entro gli istituti scolastici tradizionali”.
Non solo una questione economica
La questione economica ha certo una sua rilevanza in questa fase. “Se gli scorsi anni, ogni stagione presentavamo almeno tre o quattro nostre nuove produzioni – racconta Mascitelli – quest’anno siamo ancora a zero. Ciò significa fermare non solo una macchina economica, ma anche una macchina creativa: da direttore artistico, faccio fatica a scrivere spettacoli senza sapere dove, come e quando andranno in scena“.
Come già sottolineava l’assessore Guerra (qui la nostra intervista), quest’ultima ondata di chiusure non colpisce solo il lato economico, che pur rappresenta una parte cospicua della questione. “Il settore culturale è stato colpito per primo, senza alcuna distinzione di merito – spiega amareggiato Mascitelli: credo che questo sia un vulnus che nessun ristoro, per quanto fondamentale per la nostra stessa sopravvivenza, potrà sanare“. Una ferita che ha segnato nel profondo, soprattutto in questo secondo lockdown: se a marzo, nell’impeto dell’emergenza, tutti noi abbiamo tentato di reagire facendoci coraggio a vicenda, in queste settimane molti sono stati preda dello sconforto. Una sensazione, questa, che traspare con tutta evidenza dalla pagina FB del Teatro del Cerchio che lo scorso 26 ottobre annunciava che non avrebbero pubblicato più nulla fino alla fine della chiusura dei teatri. “Se nel corso della prima ondata, abbiamo sentito la necessità di mantenerci in contatto con il nostro pubblico, in questa fase vogliamo trasmettere un chiaro messaggio di indignazione. Ci siamo limitati, quindi, a ‘comunicazioni di servizio‘ legate alla scuola e ad un breve spettacolo per la Giornata contro la violenza sulle donne, che abbiamo eliminato la sera stessa”.
Anche il teatro in streaming, che pure aveva funzionato a marzo, è stato così abbandonato. “Non crediamo nel teatro a distanza– spiega Mascitelli – A marzo lo abbiamo adottato come soluzione di emergenza, ma ora non riteniamo sia necessario. Questo non vuol dire, sia chiaro, biasimare quanti tentano soluzioni di questo tipo: siamo però convinti che la presenza in loco sia una dimensione imprescindibile di qualunque forma di comunicazione, soprattutto in ambito teatrale”.
Prospettive sul futuro
Sul fronte teatrale non rimane così nient’altro che una faticosa navigazione a vista. “Con il Comune quest’estate avevamo tentato di trovare un luogo dover poter svolgere la nostra attività nella massima sicurezza. Per ovvie ragioni tutto è saltato. La nostra speranza è quella di poter riprendere la stagione il prima possibile, ma finché la situazione rimane questa risulta difficile persino pensare ad una programmazione“.
Nonostante le difficoltà di queste ultime settimane, il Teatro del Cerchio ha dimostrato nei fatti un grande coraggio, con l’acquisto, a fine settembre, di un nuovo capannone dove dare vita al nuovo polo culturale: “600 metri quadri di spazio, con un teatro da 200 posti per dare vita a un sogno che – commenta Mascitelli – speriamo di poter mostrare presto al nostro pubblico. Nonostante i ritardi legati alla pandemia, i lavori procedono tutto sommato abbastanza bene e speriamo di poter inaugurare il complesso con la nuova stagione teatrale. Con un investimento privato di oltre 40 mila euro, non ci rimane che essere ottimisti. Un atto di coraggio notevole, forse una follia, ma in fin dei conti ci siamo trovati di fronte a un bivio: o questo o niente. Così ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo messi al lavoro”.
“Crediamo in un teatro come occasione di aggregazione e di ricerca– si legge, non a caso, nella presentazione online -, un teatro che sia luogo della necessità, dell’urgenza delle passioni, non un teatro di consumo ma un teatro che ‘consuma’ energie creative e le rielabora per realizzare proposte performative e di spettacolo in opposizione alle tante proposte mediatiche facili e di rapida fruizione.
Un teatro che sia lo spazio dove i sogni prendono forma, ma anche sguardo incantato sugli accadimenti e sul presente“.
di Filippo Pelacci
Scrivi un commento